Visionaria Amanda Lear lo è da sempre. E dunque non c'è da stupirsi che s'intitoli proprio «Visioni» la sua personale d'arte che inaugura domani alla Milano Art Gallery. Perché la Lear, al secolo Amanda Tapp, natali a Hong Kong nel '39 e una vita da modella, cantante, attrice, presentatrice in giro per il mondo che è impossibile da riassumere in poche righe, è donna da sempre capace di giocare con l'immagine. Lei che fu la giovanissima musa di Salvador Dalì, lei che enfatizzò la sua sessualità ambigua e conturbante fino a farne una forma d'arte, lei che è nota da sempre e in tutto il mondo, non può che vestire con naturalezza i panni dell'artista visuale.
Negli spazi della galleria milanese possiamo incontrare le «visioni» di Amanda: tanti i ritratti e i volti di uomini e donne messi su tela (inaugurazione domani, alle 18.30, in via Galeazzo Alessi 11, la mostra è aperta fino al 24 agosto, ingresso libero). Amanda Lear armeggia, e bene, con il bianco e nero e quando usa il colore lo fa per sottolineare un particolare: in questa galleria di personaggi c'è il volto inquieto di una donna dai capelli ricci, c'è il ritratto di un uomo che pare una maschera, ci sono dei profili che ricordano la lezioni dei grandi maestri del Novecento (Picasso e lo stesso Dalì, ovviamente) e poi ci sono i corpi, possenti ma senza volto, di giovani uomini e quello di un moderno San Sebastiano bombardato di frecce. Figurativa e surreale insieme, colorata e poliedrica come il personaggio che siamo abituati a vedere sugli schermi, anche la pittura di Amanda Lear rifugge le facili etichette. Ora è umbratile come un chiaro di luna, ora passionale come un fiore rosso scarlatto ora pacata come un paesaggio agreste. Banale, mai. Del resto, Amanda Lear flirta con l'arte contemporanea da tempo: era il lontano 1965 quando conobbe, in un locale notturno di Parigi, Salvador Dalì. L'eccentrico pittore surrealista «adotta» immediatamente quella ragazza di trent'anni più giovane, dagli occhi a mandorla, gli zigomi pronunciati e la voce roca. I due hanno sempre parlato di «matrimonio spirituale», ma è certo che Dalì ebbe un'importanza fondamentale nella formazione artistica di Amanda Lear oltre che nella sua educazione sentimentale: è con lui che Amanda gira i musei (e i salotti) di mezza Europa, ed è a lui che fa da inconfondibile musa per lavori come "Vogué". Da quella gloriosa e giocosa stagione in cui Amanda e Salvador erano gli arti-star per antonomasia (e protagonisti immancabili dei giornali di gossip) è passato molto tempo: l'artista ha attraversato i decenni tra cinema, canzoni e programmi tv con quel suo tocco di leggerezza e raffinata ironia da renderla ancora oggi un personaggio molto popolare.
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