«L'aspetto politico fa da sfondo in questo spettacolo ma senza dubbio ciò che prevale e conquista è sempre il sentimento». Nulla può parlare del carisma del regista Michael Rodgers, nulla più del titolo scelto per il suo «primo importante progetto», come egli stesso lo definisce, in Italia. «La bestia sulla luna» di Richard Kalinosky è in scena al Franco Parenti oggi, domani, dopodomani e già registra il tutto esaurito. Siamo nell'anno 1921. Sullo sfondo del genocidio armeno, avvenuto per mano turca tra il 1915 e il 1916, si snoda l'intreccio amoroso tra Seta, la quindicenne interpretata da Laura Anzani, e Aram, impersonato da Salvatore Palombi.
«Se ho scelto di dirigere questo testo è solo perché è un racconto d'amore, come il teatro. In fondo il teatro è una storia ininterrotta con persone reali che la vivono, la respirano e la sentono davanti ai tuoi occhi. Non ci sono tagli come nei film. E' un coinvolgimento totale da parte di tutti». E lui i film li conosce bene, avendo interpretato, uno fra tanti, «The Patriot» con Mel Gibson.
«La bestia sulla luna» narra della vita di un sopravissuto all'olocausto che portò alla morte un milione e cinquecento mila armeni. Aram, ancorato al trauma del massacro della sua famiglia, si rifugia in America e chiama a sè l'amata Seta che sposa per posta. Aram non riesce ad uscire da quell'incubo. Solo l'affetto di Seta, che di nascosto ha addottato un ragazzino, Vincent (Diego Castellote Viganò), riesce a sciogliere l'intricata maglia del passato. Al Parenti il bimbo è il narratore e si scambia la parte con Saverio Buono, sempre voce narrante.
«Come sostiene Kazan, un regista deve impegnarsi due volte per un progetto. La prima per un entusiasmo spontaneo. La seconda dopo essersi posto domande e aver superato dubbi. Come oltrepassare il dolore? La risposta è che non si può se non si ha qualcosa o qualcuno in cui credere, un altro essere umano, forse, che sta cercando la tua stessa ragione di vita».
Scozzese, attore in America, Rodgers si è stabilito a Milano da tre anni dove ha scelto di insegnare. «Attività molto interessante in questo Paese. Il problema degli attori italiani è che hanno perso la speranza. Hanno rinunciato alla fede di mostrare quell'umanità dell'artista, oggi prevaricata da una cultura televisiva purtroppo dominante che uccide l'attorialità. E'difficile per gli attori, come per tutti gli artisti veri, continuare a credere. Nella mia scuola non mi stanco di insegnare che le cose cambiano. Bisogna svegliarsi un po', tornando alla vera sostanza dell'uomo, al sentimento che eleva l'arte».
Andando a coltivare il primo piglio di un interprete, come di un politico, come di uno scrittore o un giornalista. Il carisma. Cos'è il carisma? «E' un dono che possiedi dentro che è palpabile e che non passa inosservato. Una scintilla negli occhi che racchiude in sé ambizione, passione, furbizia, savoir faire, sguardo, presenza».
L'opera di Kolinosky è già andata in scena a Milano grazie a Irina Brook. Ora torna in un mondo che ha sempre bisogno quanto della dolce, potente determinazione delle bestie quanto della determinata, inquietante dolcezza della luna.
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