La rivoluzione «riders» i fattorini che in bici ci portano tutto a casa

Soprattutto stranieri, giovani e per metà con diploma o laurea. «Ombre» sui contratti

Antonio Ruzzo

E mentre in Parlamento si discute se permettere ai ciclisti di andare «contromano», che poi contromano non è perchè i sensi unici «eccetto bici» sono altra cosa visto che riguarderebbero solo certe strade con il limite di 30 orari e con le necessarie condizioni di sicurezza, Milano come le capita spesso si porta avanti. Bici in città, sempre di più e non solo grazie al bike sharing o alla scelta di molti che per divincolarsi nel traffico o per dribblare divieti e multe che rendono sempre più complicato muoversi in auto scelgono di pedalare. Bici in città soprattutto per lavoro con un sistema di consegne che ormai è sempre più diffuso ma con luci e ombre. Forse più ombre. É l'immagine che appare da una ricerca sui corrieri in bicicletta a Milano elaborata dal'Università degli Studi di Milano - Dipartimento di Studi Sociali e Politici in collaborazione con il Comune di Milano - Assessorato al Lavoro, Attività Produttive, Commercio e Risorse Umane. Uno studio basato su un campione di 218 interviste raccolte da un gruppo di studenti della facoltà di scienze politiche e presentato di fronte ai rappresentanti delle varie piattaforme che operano in città, le associazioni di categoria, l'Inps, i sindacati autonomi e confederali da cui emerge che quello delle consegne in bici non è tanto un «lavoretto» ma un lavoro vero e proprio che ha modificato abitudini e mobilità di molte città a cominciare da Milano.

Difficile ricostruire quanti siano in totale i lavoratori-ciclisti ma sono comunque in aumento. Sono tutti uomini (97 per cento), sono giovani, con un'età compresa tra i 22 e i 30 anni e sono prevalentemente stranieri (il 61 per cento) la maggiorparte dei quali non conosce la nostra lingua o la conosce molto poco. Gli italiani sono il (39 per cento) la metà (49%) dei quali fa questo lavoro ormai da più di due anni. Per gli stranieri la consegna merci in bici rappresenta un vero e proprio lavoro (spesso l'unico) mentre tra gli italiani spesso ci sono studenti che pedalano per arrotondare. Colpisce il fatto che la metà abbia una laurea (14%) o un titolo i studio di scuola superiore (36%) mentre l'altra metà con la stessa percentuale ha solo la licenza media o quella elementare. In media i «riders» lavorano più di cinquanta ore settimanali, con situazioni contrattuali a volte molto diverse da azienda ad azienda e spesso con una scarsa percezione da parte dei lavoratori stessi dell'inquadramento contrattuale in un settore che attende da tempo un chiarimento normativo. Secondo la ricerca campione della Statale la metà di questi fattorini 2.

0 ha un contratto da lavoratore autonomo occasionale, il 12% lavora con partita Iva o a chiamata e solo il 6% ha un contratto di lavoro a tempo indeterminato. Il 4 per cento non ha nessun contratto, mentre il 9 per cento non sa che contratto di lavoro ha firmato.

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