Cronaca locale

In rosso la Milano dei "live". Corista positivo, Scala ferma

Conti pesanti nei teatri. Secondo Agis il settore perderà milioni anche in Lombardia. Spaventa un altro blocco

In rosso la Milano dei "live". Corista positivo, Scala ferma

Per lo spettacolo dal vivo, la chiusura delle serrande di questa settimana è un bagno di sangue. E si trema all'idea che il black out venga prorogato oltre l'1 marzo. L'Agis (Associazione generale italiana dello spettacolo) calcola che nelle Regioni dove è scattata l'ordinanza di fermo, si perderanno 10 milioni di euro. Una stima ottimistica.

Il Teatro Parenti fa i conti della serva: persi 25.000 euro al dì per costi di struttura, più 77.800 euro di restituzione biglietti già pagati e incassati, per spettacoli che non vanno in scena in sede, altri 89.300 euro di cachet di spettacoli in tournée, 12.000 euro di costi del personale artistico delle compagnie di produzione da pagare in maniera ridotta con clausola di forza maggiore, 60.000 euro di mancato guadagno dall'affitto della location per eventi aziendali. Più i mancati incassi dei biglietti ancora da vendere. Al Carcano annullate otto serate in sede e sei recite fuori per un danno di circa 150mila euro.

I teatri sono chiusi. Alla Scala fino a ieri si è continuato a provare a porte chiuse, anzitutto alla tanto attesa «Salomé» di Strauss in scena dall'8 marzo. Ma dopo la comunicazione che un corista (in malattia dal 13 febbraio) è risultato positivo al test Coronavirus, anche le attività interne sono sospese fino a lunedì. E se la chiusura forzata venisse bissata? Il Parenti sta già lavorando al piano B: metterà in scena gli spettacoli trasmettendoli in streaming al costo simbolico di 3 euro. Mercoledì e giovedì, è andato in streaming il teatro Nohma. James Bradburne, direttore della Pinacoteca Brera, non si smentisce: sempre sul pezzo. In un video annuncia un programma in cui tutti i dipendenti della Pinacoteca leggono e illustrano i quadri. E con #lamusicanonsi-ferma, LaVerdi organizza concerti cameristici postandoli sui propri social.

Sono pochi, però, gli enti che stanno reagendo dinamicamente. Del resto, il mondo culturale, storicamente e cronicamente in ritardo, è impreparato sul versante digitale. Il problema non sta certo nelle questioni tecniche, facilmente superabili data l'evoluzione del settore, a frenare la digitalizzazione (nella quotidianità oltre che in tempi bui) è l'approccio obsoleto, i vincoli contrattuali degli artisti, un'impreparazione e paura di fondo. Aldilà dell'emergenza di questi giorni, e della difficoltà a improvvisare cose mai considerate, tanti organizzatori di enti culturali temono che lo streaming faccia perdere pubblico: che poi seguirebbe gli eventi dal proprio salotto anziché dalle sale e teatri.

Perché non provare a cambiare il punto di vista e strutturare questa possibilità come strumento di attrazione? Lo spettatore pantofolaio non uscirebbe di casa comunque, così come lo spettatore dinamico non rimarrebbe a casa, ci sarebbe la casella aperta di chi va solleticato. Quanto agli artisti, dipende da quanto sono legati alla propria confort zone.

C'è chi teme di percorrere vie parallele o alternative alla tradizione. Cosa che non vale per tutti ovviamente. Vale - in generale - per artisti riuniti in masse, dunque forti e tutelati, che si espongono sì a dirette tv o social, ma solo a certe condizioni (talvolta proibitive). Del resto, è storia recente quella di indennità per lingua straniera, umidità nell'aria e rotazione d'armi per coristi e strumentisti.

Vi sono teatri d'opera digitalmente più avanzati o che almeno testano nuove vie. Restando entro confini nazionali, è interessante l'esperimento che sta coinvolgendo i teatri dell'Emilia Romagna, operastreaming, un cartellone di opere trasmesse in diretta streaming video (8 spettacoli in tutto). Nacque nel 2015 OperaVision, palcoscenico virtuale cui hanno aderito - tra gli italiani - il Regio di Torino, Fenice di Venezia, San Carlo di Napoli e Opera di Roma.

Giorgio Armani ha lanciato un bel segnale con la sfilata registrata a porte chiuse e ancora visibile sul suo sito. È vero, Armani è un privato, ha operato a casa sua, però è la dimostrazione che le aziende guardano avanti mentre c'è resistenza laddove vi sono antichi saperi. Il digitale non è un extra, semmai l'elemento portante che fa la differenza fra successo e insuccesso.

Razzolare le antiche ceneri non aiuta nessuno.

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