Beppe Sala annuncia che vuole una moschea «velocemente». «Oggi gli scantinati sono incontrollabili. Bisogna fare in fretta» ha detto il candidato del Pd rammaricandosi del fallimento di un piano comunale che prevedeva due minareti.
Intanto il previsto arrivo a Milano di Tariq Ramadan il 3 giugno (due giorni prima delle elezioni comunali, tre prima dall'inizio del Ramadan) sta innescando reazioni a catena, nel mondo musulmano e nel Pd. Osannato dalle folle islamiche di mezzo mondo, indesiderato negli Usa, accusato di essere nemico di Israele, lo scrittore di origini egiziane (il nonno fu fondatore dei Fratelli musulmani al Cairo), è una «star» controversa e ambigua. E la sua presenza eccita tutte le contraddizioni irrisolte nelle moschee milanesi e fra i «dem» che per il voto comunale con questo mondo hanno stretto un patto. La trepidazione con cui Ramadan è atteso dai giovani musulmani è pari alla preoccupazione manifestata degli ebrei, che hanno chiesto a partiti e istituzioni una presa di distanze dal personaggio, le cui idee - hanno ricordato - «sono state recentemente condannate dalla Conferenza degli imam di Francia». Un intervento, quello degli ebrei, che ha scatenato una reazione inferocita di Davide Piccardo, leader del Caim, il coordinamento delle moschee milanesi che organizza l'evento del 3 giugno con l'European muslim network alla Camera del lavoro. Piccardo ha usato parole di fuoco: «Siamo di fronte - ha scritto - all'ennesimo tentativo di censura da parte di esponenti della comunità ebraica milanese nei confronti delle voci critiche verso Israele. Si tratta di uno squadrismo sistematico con cui mirano a intimidire chiunque osi mettere in discussione la sacralità di Israele e delle sue politiche criminali». Piccardo si è detto anche preoccupato nel vedere «i responsabili di una comunità religiosa italiana che lavorano al servizio di uno Stato straniero».
Reazione sempre più preoccupata dalla comunità ebraica (che aveva già interrotto i rapporti col Caim dall'invito a Milano di un imam che inneggiava al «martirio religioso» dei kamikaze). «La violenza dei vocaboli utilizzati da Piccardo - dicono dalla comunità - si commenta da sola: sentire tale linguaggio in bocca a un esponente religioso e rivolto alla comunità ebraica ci preoccupa, oltre che ricordarci tempi oscuri». «Speriamo solo che tali affermazioni non siano condivise dagli altri nove membri dell'esecutivo del Caim, a cui ci appelliamo perché prendano le distanze da queste parole di odio».
Ormai imbarazzatissimo il Pd, che in lista schiera Sumaya Abdel Qader responsabile cultura del Caim che il giorno
precedente, dopo un discorso (maldestro) sullo Stato ebraico e sulla Brigata ebraica, ha subito l'altolà di Lele Fiano, responsabile sicurezza del partito ed ex presidente della comunità ebraica: «Basta ambiguità su Israele».
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