Saes, l'industria del vuoto ora è regina dell'imballaggio

L'azienda di Lainate produce tecnologia e oggi guida il settore del sottovuoto e delle confezioni alimentari

Un'azienda come Saes Getters fa riflettere su quanto l'industria sia scienza e quanto la scienza diventi industria. Nei suoi laboratori si studiano soluzioni complesse in campi di attività che a chi non è specializzato risultano incomprensibili: la creazione del vuoto, l'assorbimento dei gas, lo sfruttamento meccanico della forza sprigionata dalle leghe a memoria di forma. Un linguaggio per tecnici, tipico della maggior parte delle azienze «b2b», business to business, quelle che l'occhio del consumatore non vede perché portano contributi invisibili ai prodotti finali, quelli sì comprensibili a tutti. «Il nostro successo deriva dal successo dei nostri clienti» dice acutamente Massimo della Porta, presidente dell'azienda di Lainate. Così nel telefonino che teniamo in tasca, in tante applicazioni biomedicali utili a migliorare e a prolungare la vita, nei giroscopi che negli aerei e nelle automobili permettono il costante controllo dei movimenti e della stabilità, nei sedili e nelle serrature delle auto, nelle valvole termostatiche, c'è almeno un brevetto di Saes Getters. Pronta oggi a portare la sua rivoluzione anche nel mondo dell'imballaggio alimentare, nel quale conta di dettare nuovi standard al mercato. È un'azienda che deve la sua fortuna a un processo di ricerca sempre più spinto, guidato da visioni lungimiranti, che assorbe investimenti pari al 10% del fatturato. «I nostri grandi clienti - multinazionali dell'elettronica, dell'automotive, del biomedicale, dei sistemi di difesa e sicurezza ci espongono i loro problemi anche con 4 o 5 anni di anticipo. E noi ci impegniamo per risolverli». Grazie a un'esperienza che forse non ha nessun altro al mondo.

In principio fu il vuoto. Il vuoto serve a proteggere, e, proteggendo, a dare efficienza e durata. Un elemento che riteniamo «sottovuoto» non è mai sigillato al 100% perché esistono microfughe e le stesse parti interne rilasciano gas. Si pensi a una lampadina, a un tubo catodico. «Noi abbiamo studiato e capito questi fenomeni e risolto il problema della pressione interna. Il getter è una spugna metallica in grado di assorbire le impurità. Non è un prodotto, è una tecnologia» spiega della Porta. Il getter viene progettato e dimensionato secondo le richieste utilizzando la piattaforma di materiali assorbitori messa a punto dall'azienda. Getter in inglese vuol dire assorbitore. Saes significa Società apparecchi elettrici e scientifici, è nata nel 1940 e ha la sede principale a Lainate, a pochi chilometri da Milano dove in viale Monterosa è rapidamente cresciuta grazie alla tecnologia dei getters, parola aggiunta alla ragione sociale nel 1978 proprio per rendere comprensibile la sua specializzazione sui mercati internazionali. Risale al 1957 il brevetto del getter per i tubi catodici dei televisori, prima in bianco e nero poi a colori, che diede l'avvio alla produzione industriale su larga scala. Oggi le sedi produttive sono sei, in tutto il mondo, il fatturato, che nel 2017 è atteso a quota 230 milioni, viene sviluppato per il 98% all'estero, e il primo mercato sono gli Stati Uniti.

Grazie a una costante, caparbia concentrazione sulla ricerca, l'azienda, che dal 1986 è quotata alla Borsa di Milano (solo nell'ultimo anno le azioni hanno registrato un incremento superiore al 50%), ha superato due grosse crisi. La prima, datata 2001 l'anno delle Torri gemelle quando perse il suo prodotto base, il tubo catodico, perché l'industria lo sostituì con la tecnologia dei cristalli liquidi. «Sapevamo che il tubo catodico sarebbe finito, ma non avevamo previsto la rapidità con cui ciò è avvenuto - ricorda il presidente -. Entrammo subito nella tecnologia della retroilluminazione, con lampade fluorescenti miniaturizzate, perché avevamo in portafoglio una tecnologia in questo settore. Perdemmo 100 milioni di fatturato e li recuperammo immediatamente». L'altra crisi risale al 2009, quando le lampadine furono sostituite dai led e nacque lo schermo ultrasottile. «Tra il 2009 e il 2012 perdemmo altri 100 milioni di ricavi. Ciò cambiò radicalmente la nostra strategia. Si disse: diversifichiamo davvero. E ci si concentrò, oltre alle nostre esperienze di assorbire e purificare, su nuovi materiali».

Fu in questa fase che la Saes Getters s'imbatté in una scoperta militare americana resa accessibile al mercato civile: le leghe a memoria di forma, fatte di nichel e titanio, che hanno la proprietà, a determinati sbalzi di temperatura, di riprendere la forma originale. Un materiale super elastico, che cambia struttura atomica: in uno stato è flessibile, in un altro è duro. A che cosa serve? Immaginiamo la carrozzeria di un'auto che riprende la forma originale dopo un urto: l'esempio è irrealistico, perché costerebbe troppo, ma rende l'idea. Le applicazioni sono molte, e la più diffusa appartiene ai sedili per auto, dove creano l'adattamento della seduta o esercitano massaggi: prima occorrevano altrettanti piccoli motori. È uno dei materiali più studiati nel mondo biomedicale, grazie anche al suo essere biocompatibile, dove gli stent (protesi per mantenere aperto un vaso) sono il prodotto più noto. Anche le videocamere dei cellulari usano le leghe a memoria di forma: un filamento spesso quanto un capello presiede alle oscillazioni. «Le applicazioni industriali sono praticamente infinite». Potenzialità che la società ha valorizzato grazie a un'attenta politica di acquisizioni.

E poi, novità attualissima, c'è il «getter liquido» spalmabile capace di impermeabilizzare al 100% e di sottrarre gas. Un'applicazione utile a tanti prodotti elettronici sensibili all'acqua, ma soprattutto al mondo dell'imballaggio alimentare. Impedisce all'ossigeno di entrare nella confezione, preserva le caratteristiche del cibo e aumenta la durata del prodotto, con vantaggio per il consumatore, per la distribuzione e per l'intera catena logistica. È in fase di lancio e darà risultati nel 2018. Un mercato gigantesco.

Nel 2017 Saes Getters chiuderà il bilancio con un fatturato di 230 milioni, così suddivisi: 50 nei getters e nelle loro applicazioni, 80 nella purificazione dei gas, con applicazioni industriali dall'auto, alla difesa, ai semiconduttori. Infine, 100 nelle leghe a memoria di forma, con una forte crescita nel medicale. Il 40,95% del gruppo appartiene alle famiglie dei tre fondatori, Baldi, Canale e Della Porta, quest'ultima con la quota maggiore. Altre due famiglie di matrice industriale hanno partecipazioni tradizionali: Spinola (ex Martini e Rossi) e Berger (ex Levissima).

In passato l'Ifi, finanziaria del gruppo Agnelli, arrivò a possedere il 36%. Oggi il flottante in Borsa è il 53%. L'azienda è guidata dalla terza generazione, con Massimo della Porta presidente e Giulio amministratore delegato. La quarta generazione si sta preparando.

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