Anche Sala attacca Salvini, Fontana: "Solo speculazioni"

Anche Milano si schiera contro il decreto sicurezza Ma il centrodestra è compatto. Crepe a sinistra

Anche Sala attacca Salvini, Fontana: "Solo speculazioni"

Anche Beppe Sala si iscrive al partito dei sindaci anti-Salvini. Coi suoi toni, diversi da quelli barricaderi di Leoluca Orlando e Luigi De Magistris, il primo cittadino di Milano interviene sul caso del momento e chiede al ministro dell'Interno Matteo Salvini di modificare le norme sui migranti: «Ci ascolti e riveda il decreto sicurezza - scrive Sala - così non va»!». Attualmente a Cortina per qualche giorno di ferie, il sindaco di Milano è sceso in campo a distanza di qualche ora dal doppio intervento del suo assessore al Sociale Pierfrancesco Majorino, esponente della sinistra del Pd. Dopo l'annuncio del sindaco di Palermo Leoluca Orlando che aveva fatto sapere di voler sospendere l'attuazione della legge targata Salvini, Majorino prima lo aveva in qualche modo sollecitato a schierarsi, poi ha preannunciato la sua, di decisione: «Opporsi alla legge Salvini - ha scritto - le forme di disobbedienza e opposizione alla Legge Salvini dovranno essere molte». Sala per un giorno intero non si è pronunciato e anche quando lo ha fatto non ha commentato direttamente la scelta di Orlando, ma ha insistito sulla necessità di rivedere le norme. «Da settimane - ha detto - noi sindaci avevamo richiesto, anche attraverso l'Anci, di ascoltare la nostra opinione su alcuni punti critici, per esempio ampliando i casi speciali e garantendo la stessa tutela della protezione internazionale ai nuclei familiari vulnerabili, anche attraverso lo Sprar, oggi escluso dal decreto sicurezza per i richiedenti asilo». «Occorre valutare - ha aggiunto - l'impatto sociale ed economico del decreto per le nostre città già in difficoltà a causa di una legge di bilancio che ci ha tolto risorse nella parte corrente: più persone saranno per strada senza vitto e alloggio, più saranno i casi di cui noi sindaci dovremo prenderci cura. Ministro, ci ripensi».

Di tutt'altro avviso il governatore lombardo, Attilio Fontana, che si è decisamente schierato dalla parte di Salvini, etichettando la «disobbedienza» dei sindaci con parole inequivocabili. «Se Orlando ritiene che basti un sindaco per far venir meno dei sacrosanti passaggi democratici, non credo che stia parlando tanto da sindaco ma forse stia parlando ai limiti dell'eversione». «Un rappresentante delle istituzioni - ha sintetizzato il presidente della Regione - non può dire che disattende una normativa: non è assolutamente consentito. Direi, anzi, che è estremamente grave e pericoloso, ai limiti dell'eversione». Inutile dire che questo la Lega è compatta a tutti i livelli dai municipi, al Consiglio comunale con Alessandro Morelli e Gabriele Abbiati, ai vertici del movimento lombardo con Paolo Grimoldi. Dalla parte di Salvini il sindaco di Sesto Roberto Di Stefano. Ma in Forza Italia anche il consigliere Angelo Palumbo sconfessa i sindaci ribelli: «Le istituzioni - dice - vengono prima delle nostre idee».

E da sinistra il primo cittadino di Pavia, Massimo Depaoli, prende le distanze dalla «rivolta», definendo la critica al decreto «giusta» e «assolutamente condivisibile» ma la modalità scelta da Orlando «difficile da portare avanti». «Siamo un'istituzione - spiega - e anche se la legge è ingiusta, è una legge».

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