Sala detta il suo programma «Il lavoro nostra ossessione»

In consiglio il sindaco ha tracciato la rotta: moschea e profughi all'Expo. Salvini per protesta esce dall'aula

Vogliamo «generare lavoro. Questa sarà la nostra ossessione e lavoreremo assieme a sindacati e Camera di Commercio per farlo». Il sindaco Giuseppe Sala debutta nell'aula del Consiglio comunale di fronte a un pienone di 43 consiglieri. E, annunciando la sua linea programmatica, promette parecchio. Si sbilancia sugli scali ferroviari, definendoli la base da cui far ripartire Milano e una «formidabile occasione» per la città e per la creazione di nuovi posti di lavoro. Si sbilancia sulla vocazione internazionale di Milano, dice di voler migliorare la qualità della vita in tutta la città, a cominciare dalle periferie. «Porteremo sicurezza, decoro, servizi per la famiglia, trasporti».

Inciampa tuttavia sul tema migranti, che dovrà approfondire anche oggi assieme al premier Matteo Renzi, in visita in città. Non vuole andar contro a nessuno il neo sindaco: né al prefett, con il quale ha deciso di ospitare i migranti al campo base di Rho («Sarò sempre al suo fianco»). Né al Governo che continua a spedire profughi a Milano («Io sono l'ultimo che cercherà di dare colpe»). E tanto meno alla sua cara Expo («Sento illustri esponenti del centrodestra che gettano fumo negli occhi, confondendo volutamente un campo attrezzato a due chilometri di distanza con l'area Expo»). Il riferimento è al centrodestra leghista che in tutti i modi si è opposto alla decisione di creare un ghetto a fianco dell'area che ospiterà la città della ricerca. Matteo Salvini, in aula con polo verde scuro per la seconda seduta consecutiva, si alza e se ne va. «Finché Sala racconta balle, io esco - commenta dalla buvette di Palazzo Marino - Dal sindaco mi aspetto serietà e verità. Se lui obbedirà alle richieste di Renzi o del prefetto di piazzare altre centinaia di profughi in giro per Milano non è colpa di Salvini, dei populisti, della Lega, è una scelta sua».

Sul tema immigrazione, dai banchi dell'opposizione insorge anche l'ex candidato sindaco del centrodestra Stefano Parisi, che chiede al sindaco di «smettetela di litigare con il ministro Alfano solo perché ha sostenuto la mia candidatura». Parisi da dietro il microfono dell'aula risponde anche alle critiche mosse sui migranti da Don Colmegna, che ha accusato la politica di non aver voluto parlare di un tema così scomodo durante la campagna elettorale. «In realtà - tiene a precisare Parisi - forse don Colmegna non ricorda che ad aprile avevo proposto di fare un tavolo per condividere un piano per la gestione dei profughi. In quel caso la scelta di portare i migranti a Expo sarebbe stata una corresponsabilità. Ma quel tavolo non c'è stato. Quindi la decisione è di Sala e del Governo. Noi aspettiamo che ci venga presentata una soluzione, una proposta su cui discutere».

In realtà la decisione sul luogo a cui destinare i profughi sembra già presa. Scavalcando dibattiti in aula e confronti. Eppure è lo stesso sindaco Sala che annuncia di voler cambiare alcuni aspetti del regolamento comunale e sradicare alcune abitudini su cui si è incancrenito il confronto tra maggioranza e opposizione. A cominciare dalla brutta abitudine di «dialogare attraverso i comunicati stampa anziché con il dialogo diretto in aula». «Dobbiamo rispettare i tempi della città - spiega Sala - che vuole decisioni rapide e che tengano». «Nella dialettica democratica - spiega - non significa annullare le distinzioni o peggio, cercare l'accordo a ogni costo.

Ciò non porterebbe nessun vantaggio a Milano e non sarebbe neanche degno dei milanesi che pur hanno scelto ben avendo in mente le differenze tra gli schieramenti. Quello che invece proponiamo è una sintesi superiore, nella quale il confronto e l'opposizione, anche decisa, non siano mai fini a se stessi».

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