Paolo Pillitteri, nel suo ultimo libro («Società: per azioni», Einaudi) il sindaco Giuseppe Sala dice che serve un nuovo socialismo.
«Lui cerca la Titinaaaaa, la cerca e non la trovaaaaa...».
«Tempi moderni»?
«Si ricorda? La cantava Charlie Chaplin nel film».
C'è una nostalgia di socialismo, anche Eugenio Scalfari ha detto di essere liberal-socialista. Sembra un ircocervo della politica.
«Sono tutte canzoncine. Il socialismo e tutte queste belle parole. Solo canzoncine».
E quindi?
«Le sole cose vere sono le riforme: io cerco il riformismo, l'unica idea che ha un valore costante».
Cosa significa riformismo?
«Significa fare quello che posso, risolvere i problemi. Riformismo significa guardare avanti, il resto sono solo discorsi vuoti».
Sala ha ricordato la fine del socialismo con le monetine a Craxi al Raphael. Forse avrebbe potuto avere anche una parola di condanna per una scena che comunque non era degna di un Paese civile.
«Ho visto. Solo accenni».
Se Sala va in cerca del nuovo socialismo, forse Craxi meritava qualcosa di più.
«Penso all'aula del consiglio comunale con al centro il sindaco. E mi viene in mente che alla sua sinistra, stava seduto un assessore che si chiamava Bettino Craxi. Non vorrei che adesso qualcuno chiedesse di sanificare quella poltrona».
C'è sempre molta discussione su di lui.
«Errori o non errori, Craxi è nella storia. Attenzione, intanto era un milanese doc. La sua vita politica è Milano».
Di quale socialismo va in cerca Sala?
«Con la storia bisogna fare i conti. Umilmente e seriamente. Altrimenti occhio, che si finisce solo nella demagogia».
Nel suo libro cita molto Aldo Moro e poco Enrico Berlinguer, anche se ha confessato di aver votato comunista.
«Le cose sono semplici, il resto è finire nel nominalismo».
Non faccia il professore.
«Il grande Indro Montanelli diceva che i sogni muoiono all'alba».
Vuol dire che le cose semplici per un sindaco sono le buche in città e il Lambro che esonda da decenni?
«L'è propi inscì. E lo dico in dialetto».
Come la vede oggi?
«La politica è latitante. È diventata solo chiacchericcio, capire ogni giorno cosa conviene mediaticamente».
Sala è un buon sindaco?
«Guardo, seguo. Sono perplesso. Voglio dire solo che sono perplesso. Va bene così?».
Lei lo ha fatto, cosa significa fare il sindaco?
«A Roma ci sono ministri e cardinali, ma a Milano fare il sindaco è una cosa grande».
Cosa ha provato?
«Ti riempie di soddisfazione, è questo è ovvio. Ma solo perché devi avere il desiderio di poter fare delle cose. Deve essere una missione laica. Ecco, una missione laica».
Impegnativo.
«Bisogna far scomparire le appartenenze politiche».
Mica facile.
«Io vengo dalla socialdemocrazia, ho amministrato con Pci, Dc, Psi, ma quello che conta è aver fare con uomini che condividono con te un sogno. E per questo tirano fuori il meglio di loro stessi. Alla fine ti accorgi della loro qualità».
I cittadini?
«Devi imparare a conoscerli per poter risolvere i problemi. Penso anche a Carlo Tognoli o a Gabriele Aalbertini che è stato un buon sindaco».
È un mestiere difficile?
«Certamente si fanno cose buone e magari anche errori. Ma avere la sensazione di poter dare una risposta, è la cosa più bella che ti possa capitare se occupi quel posto».
E Sala?
«Gli voglio consigliare di non affaticarsi a cercare cose astratte. Le cose importanti sono semplici nella loro complessità. Anzi, sono complesse proprio perché sono semplici. Lasci stare il socialismo».
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