San Miniato, dall'arte etrusca al tartufo "oro della terra"

Nel weekend la mostra mercato del pregiato tubero che è l'ingrediente principale dei piatti caratteristici

San Miniato, dall'arte etrusca al tartufo "oro della terra"

«D'in sulla vetta della torre antica» spicchiamo il volo su San Miniato, in provincia di Pisa, territorio baciato dal tartufo. Dalla Rocca Federiciana la vista spazia sul borgo e sulle terre che regalano il Tuber Magnatum. In occasione della partita Empoli-Juventus è stato donato anche a Cristiano Ronaldo da una delegazione guidata dal sindaco Gabbanini e dall'assessore Gozzini. Dopo aver sentito il profumo, CR7 ha segnato una rete sensazionale. Il nostro percorso parte da quassù. Per salire sulla torre, fedelmente ricostruita nel Dopoguerra, dopo che i tedeschi in fuga la fecero saltare nel 1944, è necessario un rifornimento di carboidrati alla pasticceria il Cantuccio di Federigo di Paolo Gazzarini: cavallucci speziati, ricciarelli fatti a mano, panforte, ricciarelli al cioccolato, all'arancia e al pistacchio.

San Miniato è terra di insediamenti etruschi e poi romani, ma il nucleo originario della Città risale all'VIII secolo, quando diciassette longobardi (lo attesta un documento del 713), edificarono una chiesa dedicata al martire Miniato. Nel Medioevo era conosciuta come San Miniato al Tedesco. Già cardine amministrativo per Ottone I di Sassonia (962), poi Federico II di Svevia costruì la rocca e il borgo divenne il centro per la raccolta dei tributi per l'Italia centrale. Secondo alcune fonti storiche, la torre era utilizzata anche come luogo di detenzione per i prigionieri politici. Tra i galeotti più celebri Pier delle Vigne, reso celebre da Dante (Inferno, Canto XIII). La sua colpa: aver complottato contro l'Imperatore.

Un goloso complotto attende i visitatori della 48° Mostra Mercato del Tartufo Bianco di San Miniato, nei tre weekend di novembre (10-11, 17-18, 24-25): 200 produttori d'eccellenza, eventi, buon vivere. Un antico detto recita: «Fra Doderi, Montoderi e Poggioderi c'è un vitello d'oro». Siamo nel triangolo del tartufo, oro della terra. Nel 1954 il rinvenimento record: 2.520 grammi. Venne donato al presidente degli Stati Uniti, Dwight Eisenhower. Seguendo il segno dei tartufi declinati a tavola, all'albergo ristorante Miravalle grande vista sulla vallata e su piatti di tagliolini al tartufo. A San Miniato gola e arte trovano sintesi perfetta. Il conservatorio di Santa Chiara era un convento di Clarisse, ma nel 1785 la destinazione d'uso venne mutata dal Granduca Pietro Leopoldo. È rimasta la ricca collezione di opere d'arte. Fra queste il dipinto dell'incontro tra Cristo e Maddalena, opera giovanile di Ludovico Cardi, detto il Cigoli, e gli splendidi lavori di ricamo delle monache.

Dal 1930, in un antico palazzo, la famiglia Gemignani commercializza il tartufo in tutte le sue forme. «In purezza», con burro, olio, salsa. Per veri intenditori il paté di lardo al tartufo bianco. A San Miniato anche il Comune è un monumento. Agli inizi del 1300 era residenza dei Dodici Signori difensori del popolo. Tra le antiche mure tante preziose testimonianze, come gli stemmi e le insegne araldiche di grandi famiglie del 400, e poi dipinti, affreschi, statue. Tra le grandi famiglie ci sono i Falaschi, macellai dal 1925, punto di forza la trasformazione del suino Grigio e Cinta Senese. Assaggiamo le specialità: lonzino al vin Santo, il mallegato, sangue di maiale, uvetta, pinoli e ciccioli, la soppressata agli agrumi e i fegatelli di San Miniato, un pezzo di federo tra due pezzi di carne, infilati in un gambo di finocchio selvatico.

Nell'area archeologica di San Genesio, segni e reperti degli antichi abitanti etruschi e romani. Qui esisteva un importante punto di sosta per i pellegrini della via Francigena. Se parliamo di ristoro, ecco i vini dell'azienda Pietro Beconcini, in particolare l'IXE. È un Tempranillo, vitigno messo in circolazione dai monaci di Cluny, la cui presenza in Toscana era codificata con X e IXE è la pronuncia toscana di questa lettera. I nuovi vigneti sono stati piantati dal 1997.

Il tartufo spadroneggia anche al ristorante Pepenero dove concludiamo le nostre fatiche.

Ma la cucina di Gilberto Rossi non si limita all'oro di San Miniato: indivia ripiena con capperi e olive, gratinata con provola affumicata; gnocchetti alle patate con verza brasata e pesto di pomodoro secco; maialino porchettato con radicchio rosso lardellato e pepe affumicato al legno di melo. Non di solo tartufo vive il viaggiatore goloso.

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