Si chiude nel giro di una manciata di minuti e nello spazio di pochi metri la fosca saga del San Raffaele: e si chiude con qualcosa che somiglia incredibilmente a un lieto fine. Perché nellaula magna davanti al tribunale un plebiscito dei creditori approva il piano di salvataggio della Fondazione Monte Tabor, la holding che controlla lospedale di via Olgettina, e con essa del patrimonio di conoscenze e di professionalità di chi vi lavora; e in contemporanea dal quarto piano del palazzo di giustizia parte il decreto che chiude il primo troncone di indagini sullabisso di malefatte che ha accompagnato gli ultimi anni di vita del San Raffaele, e avvia verso il processo i principali responsabili di quel verminaio: o almeno quelli di loro ancora in vita. Linchiesta va avanti, altri nomi finiranno o sono già finiti nel registro degli indagati, ma intanto la Procura mette un punto fermo. Nessuna impunità per chi ha trasformato un ospedale finanziato da soldi pubblici in una macchina per sprechi e arricchimenti.
Che i due eventi siano strettamente legati lo testimonia lintervento con cui il giudice Filippo Lamanna spiega allassemblea dei creditori i vantaggi del piano di salvataggio presentato dal gruppo Rotelli. Lamanna illustra i vantaggi del piano dal punto di vista occupazionale e finanziario anche rispetto alla prima proposta, quella della cordata Ior-Malacalza, e incassa lappoggio in diretta della Procura della Repubblica, presente in prima fila nella persona del pm Luigi Orsi. Ma poi avverte: «Il parere favorevole al piano non impedirà nè al tribunale nè alla Procura della Repubblica di chiamare a rispondere delle loro responsabilità, se emergeranno dalle inchieste, gli amministratori, in particolare quelli del passato». Il messaggio è chiaro: il salvataggio dellospedale non chiude la vicenda penale, non si cancellano le responsabilità dei singoli.
Al piano del gruppo Rotelli, lassemblea dei creditori risponde con un voto bulgaro: in ventisei hanno già detto di sì prima ancora dellassemblea, ieri se ne aggiungono altri 606 mentre solo 4 dicono di no. Il quorum è già superato, anche se i conti non sono ancora definitivi: dei 722 milioni e mezzo di debiti accumulati dal San Raffaele verso i cosiddetti chirografari (cioè i creditori comuni, quelli non tutelati come ad esempio gli istituti previdenziali) hanno già dato il loro via libera i titolari di 382 milioni di crediti. Maggioranza assoluta, dunque. E difficilmente poteva essere diversamente, di fronte ad una proposta che promette di rimborsare tra il 67 e il 72 per cento. Votano di sì le banche, i fornitori, le aziende ospedaliere. Ma votano sì anche i piccoli creditori come lartigiano presente in sala che dice «non ci speravo, anche perché fare causa sarebbe stato troppo costoso, così almeno rivedrò una parte dei soldi».
Mentre ancora i creditori fanno la fila al seggio, le agenzie di stampa battono la notizia che la Procura sta tirando le fila della prima parte dellinchiesta penale: lavviso di chiusura indagini parte per Mario Valsecchi, ex direttore amministrativo del San Raffaele, e per Piero Daccò, l'imprenditore che, producendo centinaia di milioni di fatture false, svolse un ruolo chiave nel consentire ai vertici dellospedale di creare montagne di fondi neri. Oltre che per loro la Procura si prepara a chiedere il processo per cinque complici. Le accuse sono per tutti di associazione a delinquere, «in concorso con Mario Cal, defunto» e di bancarotta fraudolenta in concorso con Cal e con don Luigi Verzè, anche lui defunto.
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