Cronaca locale

San Raffaele, la rivolta dei pazienti

I ricoverati: «Ci hanno dimenticati in corsia?». Gli infermieri sono in cortile a manifestare

San Raffaele, la rivolta dei pazienti

«Mia madre è ricoverata da una settimana e si è vista rinviare l'operazione al cuore per ben due volte». A scrivere è Patrizia Borelli, figlia di una paziente del San Raffaele parcheggiata in corsia in attesa di un intervento. Nulla di urgentissimo, per carità, ma «non vorrei - scrive la donna - che, a causa di questo grave disagio, quelle che non sono urgenze oggi lo diventino domani. È vergognoso che gli ammalati non possano più pensare a questo ospedale come a un'eccellenza, come a un ospedale diverso dove la cura e l'attenzione del malato sono sempre stati una priorità».

Questa è solo una delle numerose lettere che sono arrivate in questi giorni negli uffici di via Olgettina. I pazienti si lamentano e ovviamente l'attività nei reparti comincia a subire riflessi: gli infermieri sono in cortile a protestare contro i licenziamenti e a badare alle stanze dei ricoverati restano in pochi.

«Ma ci si rende conto che quando uno è ricoverato non è in vacanza e non sta in ospedale con gioia?» scrive un altro paziente. Poi ci sono le famiglie dei degenti che arrivano da altre regioni, quelle che devono pagarsi le stanze degli alberghi per tre o quattro notti in più. Insomma, la protesta a oltranza dei lavoratori sta creando parecchi problemi. A tutti.

Lunedì mattina le visite sono andate a rilento e per parecchie ore è stato impossibile raggiungere gli sportelli dell'accettazione a causa del sit-in dei sindacati. Risultato: in parecchi hanno dovuto aspettare ore per pagare il ticket. Altri se ne sono perfino andati. I più audaci si sono armati di carta e penna e hanno sottoscritto un cartello in cui denunciano: «Vogliamo protestare contro i sindacati che vogliono a tutti i costi creare il caos. Così danneggiano l'ospedale, i pazienti (alcuni dei quali anziani) e i lavoratori stessi».

Nei reparti si cerca di fare il possibile per recuperare, anche se questo significa doppi turni e niente giorni di riposo. Dal Consiglio di zona 3 arriva una richiesta all'azienda: «Ripensare al provvedimento di licenziamento dei 244 dipendenti, impegnandosi nel dialogo con le rappresentanze sindacali». Ma forse sfugge un particolare: quelli che non vogliono trattare non sono i rappresentanti dell'azienda bensì i sindacati. O meglio, la parte più estrema dei sindacati. Che da mesi rimbalza qualsiasi tipo di proposta: sia quella sul piano «anti-licenziamenti» avanzata mesi fa dal cda di Nicola Bedin, sia quella «congela-licenziamenti» messa a punto a gennaio grazie all'intermediazione del prefetto Camillo Andreana.

A coinvolgere nuovamente la prefettura è l'assessore regionale alla Sanità Mario Mantovani: «Siamo disponibili a sederci attorno a un tavolo insieme al prefetto per trovare una soluzione». L'impegno di Mantovani volge a «salvare i posti di lavoro e nello stesso tempo a garantire la sicurezza dei pazienti. Si deve intervenire portando al tavolo i rappresentanti dei lavoratori e facendo sì che le parti sociali trovino un'intesa con la proprietà. Ho sentito il prefetto - conclude - per trovare un'intesa che garantisca i posti di lavoro e salvaguardi chi ha bisogno di essere curato».

Il punto di partenza migliore sembra essere il patto sottoscritto a gennaio che, tra l'altro, bloccherebbe gli esuberi per due anni.

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