La Savignano si racconta: ecco i segreti della danza

La celebre etoile rievoca i suoi fasti e svela aneddoti sui suoi colleghi più famosi tra foto d'archivio e filmati

Ferruccio Gattuso

Carismatica, stellare, talentuosa, sensuale. Luciana Savignano è una delle icone più luminose della danza italiana, simbolo di Milano per i suoi trionfi scaligeri e per aver dato vita in città, sul finire degli anni '90, alla Compagnia Pier Lombardo Danza con la coreografa Susanna Beltrami. L'etoile milanese è la protagonista dell'ultimo appuntamento di «Manzoni Cultura» lunedì alle 21 (ingresso 10 euro, info 02.76.36.901), ospite del salotto di Edoardo Sylos Labini.

Con l'ausilio tradizionale del dj set di Paul Vallery e di uno schermo per proiezioni video e fotografiche, l'attore e conduttore intervisterà Luciana Savignano, ripercorrendone la carriera dagli esordi alla promozione come prima ballerina della Scala nel 1972, al ruolo di etoile tre anni dopo, fino alle sue grandi collaborazioni artistiche, e al suo rapporto con le colleghe. «L'incontro con la Savignano è la degna chiusura di una stagione felicissima di Manzoni Cultura spiega Sylos Labini . Luciana Savignano è persona riservata, eppure ha accettato di chiacchierare in amicizia, rispondendo alle domande del pubblico, raccontando la sua straordinaria avventura nella danza. Ci ha già consegnato foto molto interessanti da mostrare alla platea, promette aneddoti inediti, dal sodalizio artistico con il danzatore e coreografo Maurice Béjart e il ballerino argentino Jorge Donn, alle sue esperienze nei teatri più importanti del mondo. Preziosi saranno i suoi consigli per le giovani danzatrici».

Giunto al capolinea della seconda stagione, il bilancio di «Manzoni Cultura» è molto positivo, come spiega Sylos Labini: «Con Giancarlo Giannini e Philippe Daverio abbiamo avuto la sala piena ma la scommessa di portare in teatro ogni lunedì, in un giorno difficile, centinaia di persone è riuscita. Si è creato un pubblico affezionato che ha capito come il nostro sia un salotto amichevole, quasi un invito a cena, dove la cultura viene raccontata senza spocchia. Non ci sono i sopraccigli alzati dei salotti radical-chic. Il teatro deve essere, e qui al Manzoni lo è, un luogo di aggregazione. Lo dobbiamo al pubblico ma anche agli sponsor che ci hanno sostenuto e per me è fondamentale citare: Elior Ristorazione, Lineapelle e Poliform. Una cultura senza sovvenzioni statali ce la fa solo grazie a questi contributi illuminati».

La macchina di «Manzoni Cultura» è già al lavoro per il prossimo cartellone: «Sono attesi ospiti di settori diversi. Posso già citare Giorgio Albertazzi e i Gatti di Vicolo Miracoli. Gli appuntamenti saranno di meno ma il record di questa stagione, ben sette incontri, uno al mese, è stata un'impresa».

Poi Sylos Labini tornerà al palcoscenico: «L'anno prossimo proporrò La Grande Guerra di Mario con Fiorella Rubino nel ruolo che fu di Debora Caprioglio e, nel 2017, porterò in scena un sequel del mio Gabriele D'Annunzio, tra amori e battaglie. Il Vate significa molto per me».

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