Scala, il mecenate sono i contribuenti

La soluzione farsa per quadrare i conti del più importante teatro italiano: arrivano 2,5 milioni ministeriali

Il Teatro alla Scala di Milano
Il Teatro alla Scala di Milano

Cari lettori, abbiamo una sorpresa per voi. Volete sapere chi è il deus ex machina che ha pareggiato il bilancio del Teatro alla Scala? Tenetevi forte: siete voi. Non è uno scherzo: si tratta di soldi dei contribuenti. Ora l'incognita è da dove siano passati, o meglio da quale ministero arrivino i vostri soldi. Ci giunge voce che il mecenate pubblico che ha salvato i conti del tempio della lirica sia il ministero dei Beni e delle Attività culturali. Da via del Collegio romano confermano: il ministero ha versato 2,5 milioni per il pareggio di bilancio. Il ministro salva l'ente che rischia di venire gambizzato dal suo decreto...
Nel pomeriggio scopriamo che ad aver erogato il generoso contributo è stato il dicastero per le Infrastrutture, tramite il Cipe. Almeno i vertici del teatro, durante l'incontro con i sindacati, hanno spiegano che il Cipe, il Comitato interministeriale programmazione economica, ha sbloccato 2,5 milioni per la ristrutturazione della palazzina Verdi. Che arrivino da un dicastero o da un altro, poco cambia: lo Stato ha versato il contributo extra per ripianare il buco.
Come raccontava due giorni fa Il Giornale, grazie al vostro generoso aiuto il teatro potrà liberare le risorse accantonate per il restyling della palazzina che verranno girate sul deficit. A questi si aggiungono 2 milioni e 350mila euro che arrivano dalla transazione con Intesa San Paolo per la vecchia questione dell'acquisto della palazzina dall'istituto bancario nel 1998. Facendo i conti in tasca al tempio della lirica: sono usciti dal cilindro 6 milioni 532mila euro di utili derivanti dal una polizza di investimento del Tfr dei lavoratori. L'assicurazione ha fruttato 18 milioni 532mila euro, di cui 12 milioni ricostituiscono il «tesoretto» dei lavoratori lasciato in azienda e 6,5 milioni gli utili che verranno investiti nella ristrutturazione della palazzina, per la quale servono 13 milioni di euro. Aggiungendo un milione della legge 400 (comitato per le celebrazioni verdiane) si arriva ai 13 milioni di euro del progetto Botta. Alla chiusura del bilancio dunque mancano 1 milione 150mila euro: al momento il teatro può però contare su altri 400mila euro di contributi comunali al momento «congelati» (la discussione sul bilancio preventivo non è ancora approdata in consiglio).
È sempre più delicato l'equilibrio tra pubblico e privato nella spinosa questione del sostegno alle fondazioni lirico sinfoniche, come hanno dimostrato i versamenti in zona Cesarini arrivati in questi giorni. Perché se lo Stato rimane il principale finanziatore anche del Piermarini, è chiaro che il tempio della lirica non potrebbe mai sopravvivere senza i privati. Come dimostra, tanto per fare un esempio, il contributo che Eni, socio fondatore dal 1997, versa annualmente (3 milioni l'anno, per un investimento complessivo di 40 negli ultimi 10-12 anni).

La questione su cui si dibatte dall'estate e che si cercherà di dipanare oggi pomeriggio nell'incontro tra il ministro per i Beni culturali Massimo Bray e il presidente della Fondazione il sindaco Pisapia, sta proprio qui nel peso economico e quindi decisionale che deve, vuole avere, ogni mecenate. Pubblico o privato che sia.

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