Dopo gli schiaffi nelle urne il Pdl lombardo apre a Grillo

Dopo gli schiaffi nelle urne il Pdl lombardo apre a Grillo

Popolo della libertà alleato con i Grillini? Sembra fantapolitica, ma il coordinatore regionale del Pdl, Mario Mantovani, vede punti di contatti reali tra il movimento di Grillo e gli esordi Forza Italia. «Non concordo con coloro che definiscono i grillini antipolitica. Mi pare che stiano puntando ad avvicinare la politica il più possibile alla gente. Quando parlano di rivedere i partiti, a partire dai finanziamenti, siamo sulla strada giusta. Mi ricordano la rivoluzione di Forza Italia degli anni Novanta».
Non solo parole. Mantovani, pur consapevole che il Movimento Cinque Stelle non farà accordi con nessuno, non esclude la possibilità di un feeling con gli elettori che hanno scelto Grillo. «A Garbagnate, dove il Movimento Cinque Stelle è al ballottaggio (con il trentenne Matteo Afker, ndr) contro il candidato del Pd, noi potremmo sostenere i grillini». E ancora: «Se gli uomini di Grillo volessero mettere in campo qualche loro amministratore nelle nostre giunte, perché no?».
All’indomani della sberla elettorale, l’analisi del voto e gli scenari futuri sono al centro dell’attenzione. Roberto Formigoni vede il bicchiere mezzo pieno. «In Lombardia il risultato è stato migliore del previsto, soprattutto rispetto alle altre regioni» osserva il governatore, secondo cui «la sensazione è che il partito continui a tenere al di sopra del 20%». Ulteriore dose di think pink: «L’elettore del centrodestra alle amministrative va in libera uscita per poi tornare a casa alle politiche». A influire negativamente sul voto è stata anche, secondo lui, la scelta degli uomini: «Bisogna tornare a selezionare bene e sempre meglio i nostri candidati, che devono essere credibili agli occhi dei cittadini».
Un’analisi non condivisa dal coordinatore lombardo del Pdl, Mario Mantovani, almeno sul punto della scelta dei candidati. «Il Pdl non ha un problema di candidati, ma di buongoverno - dice Mantovani -. Dove non si è governato bene e abbiamo litigato, gli elettori giudicano e a pagare è anche chi subentra. In Lombardia abbiamo perso a Crema, Pieve Emanuele e Cesano Maderno: tre comuni in cui ci sono state difficoltà e spaccature interne».
Anche Sandro Sisler, coordinatore provinciale, non cede al disfattismo: «La sconfitta è evidente, nessuno la nega. ma ci siamo. Non ci sono voti definitivamente persi». Per Sisler occorre «andare avanti con il cambiamento, e anche con il radicamento». Congressi locali, dunque. E rinnovamento. «I nostri - dicono al Pdl - non sono come gli elettori del Pd, che votano sempre e comunque».
Giulio Gallera, coordinatore cittadino del Pdl, parla di «debâcle» senza giri di parole: «Il centrosinistra ha avuto la capacità di tenere insieme le varie anime e quindi di contenere l’emorragia di voti, mentre il centrodestra si è polverizzato tra Pdl, Lega e Terzo Polo, che a volte si è addirittura diviso al proprio interno». Secondo Gallera, «dove abbiamo bene amministrato, come a Legnano, Magenta, Melegnano, i nostri sindaci tengono. A Monza il partito ha tenuto bene e a Sesto è andato al ballottaggio il candidato del Pdl. Il problema è la divisione nel centrodestra, che non ha trovato le ragioni per stare insieme. Dove perdiamo, è perché siamo stati divisi. E dove abbiamo uomnini spendibili, il risultato è molto migliore rispetto al resto dell’Italia».
Marco Osnato, coordinatore vicario del Pdl milanese, insiste sul caso Lega: «È sicuramente una sconfitta, evidente, larga e per certi versi attesa, data la scelta suicida e omicida della Lega». Ricorda la sconfitta milanese dello scorso anno: «La lezione di Milano non è stata capita a fondo dal gruppo dirigente a livello nazionale. Dobbiamo tornare a riflettere.

La questione non è solo che il candidato è sbagliato, come ha detto la Russa. La sconfitta à un effetto della mancanza di legame con il territorio. Dobbiamo tornare a dare peso a chi vive quotidianamente il partito sul territorio. Non si può sempre omologare il partito alle logiche nazionali».

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