L'allarme sui conti del gruppo Multimedica (che comprende sette strutture ospedaliere tra cui il San Giuseppe) sembra solo la punta dell'iceberg di un male ben più esteso, che potrebbe coinvolgere cliniche e ospedali privati. E che presto rischia di abbattersi anche sulle strutture pubbliche.
Chi prima e chi dopo, tutti dovranno fare i conti con il taglio delle risorse, opera della spending review del governo. La Multimedica da gennaio con tutta probabilità farà scattare i provvedimenti di cassa integrazione in deroga che, a rotazione, interesseranno oltre 1.700 dipendenti per qualche mese. Ma anche gli altri ospedali privati lombardi non se la passano bene.
L'Aiop, l'associazione che raggruppa una sessantina di cliniche e ospedali privati, sembra avere in serbo provvedimenti analoghi a quelli della Multimedica su 1.500 dipendenti (medici esclusi). L'Aris, l'associazione religiosa che in Lombardia conta una quarantina di istituti socio sanitari e case di cura, è in trattativa con i sindacati per cercare un po' di ossigeno e propone di estendere da 36 a 38 le ore di lavoro dei dipendenti ma a parità di stipendio.
La fondazione Don Gnocchi, a capo di otto centri in Lombardia, registra un notevole calo di budget ma per ora tiene duro e non dichiara esuberi. Tuttavia i dipendenti vengono costretti a smaltire le ferie arretrate e in busta paga non si vedono pagare gli straordinari. Una sorta di anticamera a decisioni più pesanti. E poi c'è il caso del San Raffaele, con 450 procedure di mobilità già avviate.
«Bisogna capire - interviene Alberto Villa, segretario della Funzione pubblica Cgil Lombardia (nella foto) - quanti privati abbiano reale difficoltà e quanti usino l'alibi della spending review. Di sicuro le realtà più piccole sono in crisi seria». Il settore privato deve fare i conti anche con un'altra piaga a sfavore del personale: a parte il gruppo Don Gnocchi, i contratti non vengono rinnovati da quasi cinque anni e questo non sembra proprio il momento adatto per procedere. Inoltre i tagli dei finanziamenti hanno portato molte realtà private a sforare già adesso rispetto ai tetti di spesa previsti per l'anno. E questo, secondo Villa, significa «rischio di serrate», prenotazioni di visite ferme o rimandate a gennaio e conseguente aumento delle liste di attesa nelle strutture pubbliche, che non sempre sono in grado di gestire un afflusso di richieste maggiore. Nonostante il paracadute aperto dalla Regione Lombardia, arginare le conseguenze dei finanziamenti ridotti in arrivo da Roma non è impresa facile e, a breve, anche il settore pubblico potrebbe risentire della crisi. I sindacati temono «tagli pesanti o addirittura la chiusura di realtà ospedaliere anche a causa del piano di riduzione dei posti letto». Già ora il 25% dei posti di lavoro lasciati liberi da chi va in pensione non vengono coperti con nuove assunzioni e, in parecchie realtà, non vengono rinnovati i contratti a tempo determinato.
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