È la rivoluzione nel rubinetto. Tariffe finalmente uniformi. Più trasparenza nella bolletta. E, soprattutto, un occhio attento al consumo: chi non spreca l'acqua verrà finalmente premiato. Milano e provincia sono partite in sordina, un mese fa, ma il cambiamento è a suo modo epocale. Tre voci in bolletta: all'acquedotto si aggiungono depurazione e fognatura. Ma questo è solo un aspetto di un'inversione di mentalità che punta a ridurre la spesa, a razionalizzarla e a renderla omogenea, recependo una delibera prodotta l'anno scorso dall' Arera, l'authority di controllo, oggi guidata da Stefano Besseghini.
Basti pensare che fino a un paio di mesi fa nei 133 comuni della provincia c'erano ben 141 tariffe diverse. Una polverizzazione che ora il Cap, consorzio acqua potabile, ha superato introducendo un prezzo unico da Assago a Segrate, da Buccinasco a Bresso. Le prime proiezioni dicono che nel 71 per cento dei casi i costi per gli utenti scenderanno. E lo stesso dovrebbe accadere, con percentuali appena inferiori, nella metropoli, dove pure tutti pagavano allo stesso modo.
Anche qui le tariffe verranno spacchettate, mettendo in evidenza il peso specifico di depurazione e fognatura, e anche qui il consumo attento verrà premiato: chi riuscirà a stare nella fascia base non verrà penalizzato. «Finora - spiega l'avvocato Italia Pepe, direttore generale dell'ufficio d'Ambito che controlla l'operato di Cap - la tariffa era agganciata in automatico a un numero fisso di metri cubi. Ora stiamo passando ad una bolletta personalizzata, che tenga conto ad esempio del numero dei componenti del nucleo familiare. Chi esce dai paletti pagherà di più, dunque noi pensiamo che per la prima volta l'utente è responsabilizzato e incentivato a dosare i consumi».
L'obiettivo, insomma, è quello di educare i cittadini, il cui occhio è di solito molto più concentrato su luce, gas, rifiuti. L'acqua è un po' la Cenerentola nella percezione generale, come è emerso in un convegno sulle utility nell'era della digitalizzazione, promosso a Milano nei giorni scorsi da Althesys e Rse. «Le 100 maggiori utility italiane - ha spiegato Alessandro Marangoni di Althesys - hanno investito nel 2016 in impianti, reti, infrastrutture e attrezzature 4,6 miliardi di euro pari allo 0, 3 per cento del pil», ma particolarmente forte è stato lo sforzo delle monoutility idriche che devono recuperare un grave deficit di arretratezza e devono fare i conti con una sensibilità non proprio sofisticata da parte dell'opinione pubblica. «Le monoutility idriche - ha aggiunto Romano Ambrogi di Rse - mostrano il livello più elevato di investimenti sul valore della produzione (20,1 per cento) con un investimento medio per abitante di 26,2 euro».
Un paio di dati, diffusi nei giorni scorsi dal Fai, aiutano a capire una situazione che deve assolutamente cambiare: il 41 per cento dell'acqua immessa nelle reti del nostro Paese viene persa per la mancanza di manutenzione; non solo: il consumo medio giornaliero di un italiano è di 220 litri di acqua contro i 190 di un Nord Europa più virtuoso.
Alla rincorsa del tempo perduto da parte delle utility dovrebbe corrispondere dunque un approccio più consapevole da parte dei clienti.
È la strada che si sta sperimentando a Milano, in un bacino di oltre 3 milioni di persone. Più informazioni in bolletta, meno rubinetti aperti quando non serve. «Anche perché - spiega il professor Paolo Sabbioni, profondo conoscitore di queste tematiche - la gestione oculata dovrebbe portare da subito benefici economici che prima erano inimmaginabili».
Certo, c'è il rischio che l'innovazione si fermi anche a Milano e hinterland sulla soglia dei palazzi, senza modificare le abitudini delle singole famiglie.
«Molti edifici - conclude l'avvocato Pepe - hanno un solo contatore e dunque non misurano i metri cubi unità per unità. Per penetrare in profondità nel tessuto cittadino ci vuole un altro passaggio: l'aiuto degli amministratori di condominio e dei nuovi contatori intelligenti».
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