Dopo lo scontro, il governatore ribadisce al segretario: «Decidi tu»

Maurizio Lupi candidato della Lega? I dubbi abitano a Palazzo Lombardia, dove lavora il presidente della Regione, Roberto Maroni. In molti hanno attribuito proprio a lui il lancio della candidatura dell'ex assessore della giunta Albertini ed ex ministro delle Infrastrutture, oggi capogruppo di Area popolare alla Camera. «È da luglio che non faccio più il nome di Maurizio. E comunque ho sempre e solo detto che è una persona con tutte caratteristiche positive, ma non è mai stato il mio candidato» sono parole rivolte in questi giorni ai suoi da Maroni, commentando le vicende interne alla Lega. Insomma, la candidatura di Lupi non fa parte dello scontro per la leadership tra Maroni e Salvini.

«Cerchiamo qualcuno di esterno ai partiti, al di là dei partiti» ha detto ieri il segretario del Carroccio, Matteo Salvini. Un identikit che richiama ancora una volta un uomo in arrivo dal mondo dell'imprenditoria, delle professioni, dell'università, del volontariato. Non sembra pensare a un uomo di partito, Salvini. Anche se in politica, si sa, è possibile tutto e il contrario di tutto fino all'ultimo momento.

Ma la notizia dell'oggi, anzi di ieri, è l'incontro pacificatore e chiarificatore tra Matteo Salvini e Roberto Maroni in via Bellerio. Un faccia a faccia in preparazione del consiglio federale della Lega di lunedì che sembra essere andato bene, pur con qualche freddezza. Maroni e Salvini hanno parlato del mutato clima politico dovuto alle dimissioni da sindaco di Ignazio Marino e della possibilità che la nuova situazione porti anche a un rinvio di ogni decisione definitiva, perché è a livello nazionale che tutto dovrà essere deciso.

«Io avevo il dovere di sottolineare le mie posizioni e la volontà di alleanza con l'Udc, ma a questo punto decide il segretario. La questione non è chiusa e lui ha tutti gli elementi per decidere» ha ribadito Maroni dopo la stretta di mano con Salvini. A questo punto, pare sia stato lo stesso Maroni a mostrarsi disponibile a interferire meno nei fatti milanesi. «È chiaro che a questo punto scegliere il sindaco di Milano non significa solo vincere con la prospettiva di riaprire i Navigli, ma lanciare una sfida nazionale a Renzi in tutte le città in cui si vota» il ragionamento che avrebbero fatto insieme i due esponenti della Lega. Si tratta di capire se Matteo Salvini ha perdonato di cuore il vecchio amico Roberto Maroni.

E se basterà a rasserenarlo il ricordo che è stato proprio Maroni ad aprirgli la strada da segretario. O se al contrario peserà di più un'altra storia, ovvero che nel gennaio 2012, quando Bossi chiese la testa di Maroni, fu Salvini a salvarlo dalla fatwa .

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