di Alberto Giannoni
Non c'è alcuna tentazione da «law and order» nella gestione dell'ordine pubblico a Milano. E al di là della poco convincente lagnanza del sindaco, Giuliano Pisapia, è chiaro a tutti che le scelte sono ponderate e condivise. Quando si tratta dell'area dei centri sociali, soprattutto, ogni mossa è adottata con infinite cautele, come plasticamente dimostrava quel materasso gonfiato sotto le palazzine di via Apollodoro durante la protesta dei giovani saliti sul tetto del «Lambretta». Lo Stato si fa contestare - giustamente - e si preoccupa pure che i contestatori, anche quelli che scelgono di violare le regole, non «si facciano male». Nonostante questa ovattata e mediatica rappresentazione di un conflitto che forse non c'è (più), messa di fronte alla scelta fra le forze dell'ordine - che fanno rispettare le regole - e i giovani - che le violano in modo deliberato facendo di questa violazione l'essenza stessa del loro «programma» - una parte della sinistra politica, ma anche del sindacato, sceglie l'ambiguità. Dai Consigli di zona a Palazzo Marino difende i «contestatori». Li coccola. La questione è esplosa in questi giorni, per esempio, con lo scontro fra la Cgil, che ha criticato lo sgombero, e il Siulp, che ha ricordato: «La questura ha agito per ristabilire una situazione di legalità». Il problema è che quella sinistra, oggi, è investita di responsabilità istituzionali e non solo politiche. E ha un bel dire il presidente del Consiglio comunale Basilio Rizzo, quando fa visita ai centri sociali e precisa: «Sono qui a titolo individuale». Chi rappresenta il Consiglio comunale può sbarazzarsi così della sua veste istituzionale? E con quale credibilità la indossa di nuovo quando la indossa?
In questi togli e rimetti è particolarmente emblematico e imbarazzante il caso del presidente della commissione Sicurezza di Palazzo Marino, Mirko Mazzali, che aggiunge un ulteriore profilo, una terza veste, quella professionale, esercitata ovviamente in piena legittimità e con riconosciuta serietà. Ma in questa vicenda non è in discussione una questione deontologica, ma politica e istituzionale. Mazzali è andato a Lambrate ed è salito sul tetto coi giovani occupanti della palazzina. Facendolo, si è preoccupato di far sapere che lo faceva «in qualità di avvocato» (è conosciuto infatti come lo «storico avvocato» dei centri sociali).
Insomma l'avvocato è salito sul tetto e il consigliere comunale e presidente di commissione no. Non è dato sapere se il Mazzali presidente di commissione e quello consigliere comunale abbiano tenuto la stessa linea.
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