Botta e risposta. Domenica l'iniezione di adrenalina nel corpaccione ultimamente sonnolento della Lega con Umberto Bossi che dalla piazza di Lazzate dedicata a Cesarino Monti ha annunciato la sua voglia di tornare il padre padrone, candidandosi alla segreteria federale «per sistemare le cose». Ieri dal cuore di Palazzo Lombardia l'altolà di Roberto Maroni prima diplomatico nel non affondare immediatamente la corsa del Senatùr («Sono contento, chiunque può partecipare»). Ma poi molto netto nell'indicare chiaramente il delfino designato. Senza trote di mezzo questa volta. «So chi vorrei, un giovane. È quello che succede negli altri partiti: nel Pd c'è Renzi, nel Pdl c'è Alfano e anche in casa nostra bisogna guardare al futuro». Perfetto identikit di Matteo Salvini, il segretario lombardo che a parte il tentennare di Bossi è l'unico sceso nel campo di una battaglia di cui finalmente Maroni detta le regole: candidature entro l'11 novembre, entro fine mese la raccolta da un minimo di mille a un massimo di 1.500 firme. E poi il 7 dicembre il voto dei «soci ordinari militantì» da almeno un anno, circa 20mila. Bossi? «Mi fa piacere se si candida - ha spiegato ieri Maroni -, rappresenta la storia della Lega e vuol dire che tutte le chiacchiere sulle scissioni sono soltanto balle. Poi con Bossi possiamo avere opinioni diverse su tante cose, ma al primo posto c'è la Lega e questa sua anticipazione va letta in questo senso». Parole di zucchero anche per Alfano. «Ho grande stima di lui, abbiamo lavorato bene quando ero ministro dell'Interno. Mi piacerebbe che rimanesse al fianco di Berlusconi per rilanciare la sfida del centrodestra. Ho un ottimo rapporto con Berlusconi e li ho sentiti entrambi: voglio che questa alleanza possa continuare. Senza spaccature o scissioni che servirebbero solo a indebolire il centrodestra».
Parole pronunciate ieri a margine degli «Stati generali del Patto per lo sviluppo», tenuto alla vigilia del bilancio della Regione che arriverà giovedì in giunta. La richiesta di Maroni ad associazioni, sindacati e parti sociali è la firma di un documento contro «le penalizzazioni del Patto di stabilità nei confronti degli enti virtuosi». D'accordo il presidente della Camera di commercio Carlo Sangalli che chiede «una deroga per la Lombardia che significherrebbe maggiori risorse per l'economia del territorio e per le nostre imprese». Ribadendo l'invito alla creazione sperimentale di una «No tax area» in vista dell'Expo, l'abbattimento di un punto percentuale dell'Irap e il sostegno a piccole imprese e start up.
Ma il vero nodo del bilancio, hanno spiegato Maroni e l'assessore Massimo Garavaglia, sono i 350 milioni di euro decurtati alla Lombardia dal governo che colpiscono soprattutto il trasporto locale.
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