Cronaca locale

Serve un segnale dalla politica il commento 2

di Enrico Lagattolla

Quel che resta, il giorno dopo, è un senso diffuso di sconfitta. Nessuno può realmente gioire per la condanna all'ergastolo dell'ex primario della clinica Santa Rita Pier Paolo Brega Massone. Non i familiari dei quattro pazienti deceduti sotto i ferri del chirurgo, ai quali nessuno riporterà i cari scomparsi. Non le quaranta persone «mutilate» (per dirla con le parole dei pm), che avranno impresse a vita le cicatrici di questa bruttissima storia. E in fondo nemmeno la Procura, che pur ottenedo dai giudici esattamente quanto chiesto, ha inevitabilmente distrutto la vita alle mogli e ai figli dei tre principali imputati, Brega Massone e suoi aiutanti Marco Pansera e Fabio Presicci, questi ultimi usciti dal processo di primo grado con condanne a 26 e 30 anni di carcere. Tanto, tantissimo.
L'unica sconfitta a cui forse è possibile porre rimedio, ora, è la sconfitta del «sistema» che ha prodotto questa tragica vicenda: il meccanismo dell'accreditamento delle cliniche private, dei rimborsi ottenuti a fronte di interventi chirurgici e delle percentuali corrisposte ai medici per ogni singola operazione. «O tu fai 15 polmoni, o altrimenti non puoi pagare una équipe», diceva Brega al telefono.
Capito? La priorità in un intervento non era più la salute del paziente, ma il vantaggio economico. Un meccanismo molto pericoloso, che nella storia giudiziaria della Lombardia ha portato a svariati casi di truffa alla sanità nazionale (le schede di dismissione ospedaliera, i drg, truccate per gonfiare i rimborsi), e soprattutto agli «orrori» della Santa Rita. Ed è dalla politica che dovrebbe arrivare una riflessione. Il processo a Brega Massone e soci ci dice che forse bisogna ripensare quei criteri di premialità per i medici che portano i pazienti nelle sale operatorie a tutti i costi, che prescrivono esami non sempre indispensabili con l'incoffessato scopo di far macinare utili all'azienda sanitaria in cui lavorano, che ragionano più di drg che di terapie e salute dei malati. Allo stato però, l'unica voce che si è alzata è stata quella non di un politico, ma di un medico. Così, il professor Umberto Veronesi ha definito la vicenda di Brega come «un monito severo alla classe medica a operare correttamente, secondo i bisogni dei pazienti e non secondo ciò che offre sistema di retribuzione delle strutture sanitarie». Ma questo significa affidarsi all'onestà di ogni camice bianco. Un punto di inizio, certo.

Ma la storia ci dice che non è bastato.

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