Professoressa Franca Landucci, lei ha già cattedra alla Cattolica. Insegna Epigrafia greca e Storia economica e sociale del mondo antico, perché si candida con il Pdl a sindaco di Sesto san Giovanni?
«Un attacco di masochismo».
A Sesto va così male?
«Il territorio è tormentato da una crisi economica molto pesante. E la politica lha portato quasi a un punto di non ritorno».
Il regno della sinistra, del Pd e di Filippo Penati. I magistrati hanno scoperto un «sistema Sesto» con mazzette ai politici.
«Le tracce rimaste sono molto pesanti ed è stato scoperto anche grazie alla nostra capacità di fare opposizione in consiglio comunale. Una battaglia negletta da tutti. Anche dal nostro partito che purtroppo trascura il territorio».
Lei è capogruppo del Pdl. Vuol dire che cè poca attenzione per le amministrazioni locali?
«Cè una politica di vertice e una nomenclatura chiusa nei suoi privilegi. Come la nobiltà di Versailles che si credeva il sale della terra ed è finita comè finita».
Qual è il problema?
«Nella classe politica non cè nessuna capacità di autoriforma e questa è una grave colpa. Forse allora mi candido per spirito di servizio. Un grande peso sulle spalle mie e della mia famiglia».
A Sesto decenni di governo della sinistra pesano molto?
«Pesa su un territorio devastato da un sistema di potere della sinistra che in sessantanni ha preso in mano tutte le leve. E ne ha fatto una città disastrata dal piano urbanistico. I pochi elementi di vivibilità sono quelli non dovuti al Comune: metropolitane, tangenziali, ferrovia. Non cè stata nessuna capacità progettuale».
Le aree dismesse?
«Sono andati a traino di quello che definiscono loperatore, come con Zunino e il progetto Piano. Ma senza nessuna capacità di organizzare il territorio».
Dice che a Sesto sono girate tangenti e per di più non si è fatto nulla di buono.
«Piano. Dai semi avvelenati possono nascere solo frutti avvelenati, le tangenti possono solo portare cose cattive. E non solo a Sesto».
Qual è un buon progetto per le aree dismesse tipo Falck, Marelli, Caltagirone Vulcano?
«Non opere che abbiano il corto respiro delle prossime elezioni, ma grandi infrastrutture con portata generazionale. Il denaro che si ricava non è ripetibile, non va sprecato».
E come si fa a non sprecarlo?
«Basta realtà imposte dallalto come i centri commerciali che stanno ammazzando i negozi di vicinato. Lindustrializzazione dallalto non funziona, perché prima è assistita e poi crolla. Lo insegna la storia, possibile che non si impari mai niente?».
Ecco la professoressa. Sesto è stata la Stalingrado dItalia.
«E lo è ancora, unenclave tosco-emiliana della sinistra in territorio lombardo. Gli altri non mi capiscono, ma io sono toscana e so bene cosa significhi».
Che cosa?
«La capacità di radicarsi nel territorio. Sono andati al potere nel 46 e ci sono ancora».
Tangenti comprese?
«Aldilà delle tangenti di cui non voglio parlare perché è affare della magistratura e di uso politico della magistratura se nè fatto fin troppo, parlo delloccupazione del potere che la sinistra fa. Secondo la teoria gramsiana».
Cioè?
«Una struttura che avvolge tutto. E chi non è daccordo non è un avversario da combattere, semplicemente viene fatto sparire. Come i dignitari comunisti sulla piazza Rossa che quando tradivano, venivano cancellati dalle foto».
Sesto non è mica Mosca.
«Ricorda lassessore Pasqualino Di Leva? Era una delle colonne della giunta Oldrini, adulato ed esaltato. Da quando è finito nellindagine Penati, nessuno lo nomina nemmeno più. Sparito».
Lei è cattolica, di area Cl. Chi è per lei don Giussani?
«Importante per la mia formazione umana e religiosa. Per la politica sono daccordo con don Carron: non esistono politici di Cl, ci sono politici buoni o cattivi. E alcuni si richiamano a don Giussani».
Giussani ispira molti politici.
«È facile obbedire al carisma di don Giussani, ma io sono poco obbediente. Di carattere».
Cl in politica conta.
«Per il lavoro che faccio, non ho nulla a che fare con il sistema Compagnia delle opere».
A Sesto la sfida sarà tra lei e Monica Chittò del Pd. Comunque vincerà una donna.
«Quando ci sono grossi problemi, gli uomini preferiscono esporsi meno. Mannò, scherzo».
Mica tanto.
«È il segno che la realtà è cambiata con il faticoso inserimento delle donne. Ma la politica di genere è pericolosa: sia quando discrimina le donne, sia quando impone lobbligo di coinvolgerle».
Lei passa da Diodoro Siculo e Plutarco, allassessore Di Leva e al «sistema» Penati.
«È un tempo di caduta, di ripiegamento civile e sociale che ricorda i momenti bui del passato greco o romano».
Come se ne esce?
«Ci sono grandi problemi, ma piccoli uomini per affrontarli. E siccome le idee camminano sulle gambe degli uomini, senza grandi uomini non si va da nessuna parte».
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