"Una Via della Seta della conoscenza da Milano alla Cina"

Paolo Glisenti, commissario per l'Italia all'Expo Dubai, racconta le eredità di un grande successo

"Una Via della Seta della conoscenza da Milano alla Cina"

Dubai - Già oltre un milione di spettatori in presenza e soprattutto altri 10 milioni virtuali grazie a sito e social in tutto il mondo, fanno del Padiglione Italia all'Expo di Dubai uno dei più visti. Capace di contendere il quarto posto (nei numeri, non nell'estetica che è superiore) a un colosso come la Germania e sfidare addirittura Cina e Usa. Incredibile perché, visitandolo, si scopre quanta poca fuffa interattiva così di moda oggi ci sia all'interno e invece quanta sapienza tecnica, artigianalità industriale e genio artistico. Il commissario generale per l'Italia è Paolo Glisenti, uno che portando l'Expo a Milano nel 2015 insieme a Letizia Moratti cambiò non solo la storia della città, ma anche quella di una manifestazione fino ad allora poco più che clandestina.

Commissario Glisenti, perché il padiglione «La bellezza unisce le persone», realizzato da Cra-Carlo Ratti associati e Italo Rota, con Matteo Gatto & associati e F&M ingegneria ha questo enorme successo?

«Perché è una storia italiana che fonde tante idee diverse nel rapporto tra memoria e futuro. La creatività è l'anima che ispira le nostre eccellenze tecnologiche e culturali».

La copia del David di Michelangelo aiuta a fare il botto.

«Non è una copia, è un gemello digitale alto più di 5 metri e realizzato con una straordinaria tecnologia».

Anche la polemica sulle pudenda coperte in omaggio al primo Paese arabo che ospita un'Expo ha aiutato.

«Michelangelo l'ha scolpito a 25 anni, un emblema del Rinascimento e noi siamo riuscito a farlo guardare nelle pupille. Dove si è scoperto che ci sono due cuori».

Romantico.

«Significa che David non è solo la forza, ma anche l'amore. Cosa c'è di più italiano?».

Touché. Ma forza e amore è anche l'orologio atomico all'idrogeno Leonardo con un secondo di errore ogni 3 milioni di anni, il più perfetto al mondo.

«L'Italia da secoli produce grande innovazione, ma sempre mantenendo le radici».

Il Padiglione a Dubai è una straordinaria vetrina per le imprese italiane.

«Sessanta hanno collaborato convinte a utilizzare solo il nome e non il marchio, non un'operazione di brand aziendale, la vittoria del marchio Italia».

Il tetto sono tre enormi scafi Fincantieri: verde, bianco e rosso a comporre il più grande Tricolore mai visto.

«La navigazione che unisce i popoli e le culture è il nostro essere mediterranei nel profondo. Questo rafforza l'immagine dell'Italia e quindi le imprese, i nostri prodotti, l'attrattività turistica e degli investimenti soprattutto per le nostre piccole e medie aziende».

Già qualche riscontro?

«In questo Padiglione ci sono stati 2mila incontri B2B. Il nostro governo a questo tavolo ha incontrato il ministro dell'Economia degli Emirati arabi e lui dopo un mese era in Italia dagli imprenditori».

Non solo i grandi si spera.

«Assolutamente no, a beneficiare di questo sono soprattutto gli ingranaggi delle filiere a cui si aprono nuovi mercati».

Dubai è punto nevralgico.

«Qui è la frontiera del futuro: in un raggio di 5 ore di aereo ci sono 3 miliardi di persone con età media di 28 anni. Vede, anche qui all'Expo ci sono passeggini dappertutto».

Una scommessa. Lei dopo il 31 marzo tornerà in Italia?

«Questo non è importante. Qui ci sarà la maggior domanda di consumo, ma anche il dramma dei cambiamenti climatici. Il nostro padiglione è il primo carbon free e provvisto di tecnologie che abbattono l'uso di energia tradizionale e consentono il contenimento dei consumi elettrici e il riciclo delle acque».

Le alghe che fanno luce da sole e i pavimenti con le bucce d'arancia.

«Ho chiesto anche a Eni e Mapei di portare tutta la tecnologia che volevano, ma doveva essere bella. Questo è l'unico modo per portare l'economia sostenibile al consumatore. Ecco le liane con la coltivazione di microalghe a luce Led e le neo-materie con elementi naturali come sabbia, caffè e polvere di bucce d'arancia per ricoprire la grande duna esterna e la passerella sospesa».

Si vedomo giovani ricercatori al lavoro sulla spirulina e altri cibi del futuro.

«È l'Italia della biodiversità, del più sano rapporto tra alimentazione e benessere, della migliore medicina».

Le guide al Padiglione Italia sono tutti universitari.

«A un bando per gli atenei offrendo solo viaggio, vitto e alloggio, hanno risposto in 8mila e venti lingue. Ne abbiamo scelti 60 e siamo l'unico padiglione che può accogliere i visitatori nel loro idioma. L'immagine di un'Italia incredibilmente multiculturale, il miglior biglietto da visita per il nostro futuro».

Resterà qualcosa oltre al David di cui si sta già litigando per dove metterlo? «Connecting Minds, Creating the Future» è il tema dell'Expo e Roma è candidata al 2030.

«Abbiamo proposto una tecnologia verde nel modo più bello possibile, la vera eredità è fare dell'innovazione un discorso umanistico e non tecnologico».

Progetti concreti?

«Leeredità del Padiglione, finanziate con il Pnrr, saranno il primo Campus arabo-mediterraneo con Link university che collegherà 70 università, la Scuola di alta formazione

a Firenze per la riproduzione dei beni archeologici nelle zone di guerra, la scuola di trasformazione del cibo con Nico Romito e con l'Università Bicocca una Via della Seta della conoscenza che andrà da Milano alla Cina».

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