Cronaca locale

Lo sgarro che ha armato la vendetta

Tre attentati con cadenza annuale, messi a segno da un killer che cerca con ostinazione la vendetta e probabilmente adora la sfida. Non ha ancora un volto l'autore di tre tentativi di omicidio messi a segno negli ultimi tre anni tra Milano e la Brianza e che hanno come denominatore comune il carcere di Bollate. Ovvero il laboratorio di rigenerazione e assemblaggio di telefonini di una società di Bellusco che si trova all'interno della casa circondariale e da anni impiega 90 detenuti a 1200 euro al mese. Tutte le vittime prese di mira dal misterioso killer, infatti, sono dipendenti (mai carcerati o ex) della ditta di telefonia.
Ora però le indagini del gruppo investigativo di Monza sembrano aver preso una direzione ben definita sul movente che spinge qualcuno (ma non si esclude ci possano essere dei complici) a sparare. Dopo l'ultimo attentato, quello al 47enne Umberto Pera - un project manager ferito alla gambe e all'addome con due colpi di pistola calibro 9 il 26 gennaio mentre rientrava a casa, alle 20, a bordo della sua Citroen C4, a Cusano Milanino - i carabinieri e la Procura di Monza hanno cercato di mettere a fuoco un identikit ideale del responsabile e per farlo hanno indagato a 360 gradi sia sui detenuti che lavorano per la ditta di assemblaggio telefoni sia nella stessa società. Secondo quel che trapela dall'inchiesta è emerso che la ditta di Bellusco dall'inizio della crisi economica starebbe passando un momento non molto felice. E questa realtà ha avuto, naturalmente, un riflesso anche sulle buste paghe dei 90 detenuti impiegati a Bollate da anni per riparare e assemblare telefonini per conto di Samsung, Alcatel e Brondi. Gli stipendi, insomma, non sono più gli stessi, sono diminuiti, un po' alla volta, soprattutto negli ultimi anni. E sarebbero in parecchi tra i lavoratori del laboratorio di Bollate a non guadagnare più i 1200 euro iniziali. Una realtà, questa, che ha trovato conferma in una delle normali e periodiche ispezioni nelle celle dei detenuti. Durante le quali sono stati trovati anche i cedolini degli stipendi (diminuiti) degli operai del laboratorio.
Ora i carabinieri - che sanno bene come i criminali seriali sposino volentieri la matematica, le ricorrenze e la cadenza degli attentati finora è stata infatti rigorosamente annuale - hanno un elemento molto più concreto su cui lavorare. Inoltre la vicenda degli stipendi più bassi si sposerebbe alla perfezione con il profilo di un killer così determinato proprio perché ritiene di aver subito un grosso torto o comunque uno sgarro. In questo caso dalla società per cui lavora. Tra l'altro i ferimenti sono avvenuti tutti nell'arco di compatibile con l'ammissione al lavoro esterno dei detenuti.
Andando a ritroso, gli attentati precedenti a quello di Cusano risalgono al 17 gennaio di un anno fa e al 25 ottobre 2012. Nel 2013 agguato simile, bersaglio identico: Gaetano B., 52enne responsabile del trasporto dei cellulari tra la casa di reclusione di Bollate e la sede della Sst, venne gambizzato mentre guidava la Seat Ibiza aziendale in viale delle Industrie a Monza. Fermo in coda al semaforo, uno sparo alla coscia attraverso il finestrino nel buio del pomeriggio (allora erano le 17.35). Risale a un anno prima la coltellata all' inguine di Roberto A., 35 anni, primissima sera (le 18.45). Era appena uscito dal carcere (insegnava ai detenuti come assemblare i telefonini) venne fermato e fatto scendere dall'auto in via Belgioioso a Milano (a 150 metri dal carcere di Bollate) e colpito a freddo da un aggressore che scappò in scooter con un complice. «Motivi personali», venne ipotizzato al momento.

Sul fatto c'erano però forti dubbi: l'uomo, qualche giorno prima, era stato già aggredito mentre stava per aprire il box.

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