Cronaca locale

Lo show dei detenuti in scena al Castello

«San Vittore globe theatre open air» Carcerati attori ed ex reclusi recitano un mix di commedia dell'arte e circo

Il furgoncino si chiama Ape Shakespeare e quando si apre, il teatro diventa cibo e acque aromatizzate simili a pozioni magiche. Una metafora di ciò che nutre e rivoluziona la vita. Capita al Cortile delle Armi del Castello Sforzesco, nello spettacolo in scena mercoledì sera. Attrici e attori sono detenute ed ex detenuti di San Vittore, ma anche i loro pedagoghi, per usare una parola antica. Un mix speciale, «che mette insieme dentro e fuori, per essere ponte» spiega la regista, Donatella Massimilla, nota per i suoi lavori che uniscono l'arte all'inclusione sociale, alla capacità di recuperare ciò che sembra perduto.

Lo spettacolo, «San Vittore globe theatre atto secondo open air», è un misto di commedia dell'arte, teatro di strada e circo, con improvvisazioni legate alla creatività degli attori e costumi eleganti, firmati da Susan Marshall. Punto di partenza, base, canovaccio liberamente reinterpretato è il «Teatrino delle Meraviglie» di Cervantes, l'opera in cui il papà di don Chisciotte mette sotto accusa, con l'arma dell'ironia, le discriminazioni contro gli ebrei nella Spagna del Seicento. In questo testo scritto esattamente quattro secoli fa, nel 1615, due teatranti portano la propria opera in un paesino di campagna e avvertono i potenti del luogo, dal sindaco in giù, che i portenti dello spettacolo saranno visibili solo a chi non ha sangue giudeo nelle vene. Da qui finto stupore ed entusiasmo pieno di conformismo, con gli spettatori che fingono di vedere ciò che non c'è piuttosto che rischiare di essere considerati ebrei.

«Se non sei ex detenuto, se non sei extracomunitario, se non sei gay, vedrai portenti. Questa è la libera interpretazione attualizzata che ne abbiamo fatto noi. In questo modo il pubblico è coinvolto sia con il testo antico che con il testo moderno» spiega la regista Donatella Massimilla, anima del Cetec, vent'anni di vita e grande esperienza nelle carceri di tutta Europa. E se le meraviglie di Cervantes erano un teatro dell'assurdo ante litteram , qui le forzature espressive sono una forma di teatro ribelle, che apre a un'interazione con il pubblico. Gente chiamata a dire la sua, anche su forme di discriminazione quotidiana, meno politicamente vistose, di quelle portate sul palco. Con questo spirito si sono svolte le prove aperte, lunedì e ieri al Castello.

«Le attrici di San Vittore arriveranno con la scorta e ce n'è anche una che è stata trasferita nel carcere di Bollate. Nonostante ciò, le è stato concesso di recitare: un grande segno di fiducia» spiega la Massimilla. Ma l'attrazione, promette, sarà lo spettacolo. «Scoppiettante, allegro, folle, circense, ispirato alla Commedia dell'Arte che ho studiato a Venezia e al tanto teatro di strada di cui mi sono nutrita. Poesia, follìa e voglia d'incontro» dice lei, anticipando contenitore e contenuto.

In scena anche le lingue sono variopinte: italiano, spagnolo, polacco, inglese, come gli idiomi di chi abita (e abitava) San Vittore.

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