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Da sindacati, ministri e Verdi il fuoco amico ora punta Sala

Sindaco preso di mira (anche) sulle gabbie salariali. E partono appelli a non boicottare la ricandidatura

Da sindacati, ministri e Verdi il fuoco amico ora punta Sala

Qualcuno sui social avverte che sembra un film già visto, quello che portò «al gran rifiuto di Pisapia» nel 2016. Un grande classico della sinistra. «Ogni virgola che dice passa ai raggi x, invece di contestare gli avversari stiamo a picconare Beppe Sala». Che già è ben propenso a non candidarsi per il secondo mandato, il «fuoco amico» che si è scatenato nelle ultime settimane contro di lui potrebbe lasciargli poca scelta. Tanto che ieri su Facebook il suo assessore alla Cultura Filippo Del Corteo ha chiesto più o meno una tregua. «Nonostante la grande crisi generata dall'emergenza sanitaria, di cui abbiamo comunque saputo reggere l'impatto, Milano può continuare il ciclo politico avviato nel 2010 da Pisapia. A patto - scrive - che il pensiero collettivo del suo centrosinistra continui ad essere intelligente, e capisca che, pur con le necessarie discontinuità, il secondo mandato di Sala è la strada migliore». Sala ci ha messo del suo, durante l'emergenza Covid ha commesso una lunga serie di gaffe, dagli spritz a inizio pandemia alla lite con il governatore della Sardegna fino all'uscita maldestra sullo smart working («è ora che i dipendenti comunali tornino a lavorare»). Posizioni che hanno provocato malumori tra gli elettori di sinistra, i commenti sui social sono inequivocabili. Nei giorni scorsi pure i Verdi hanno annunciato che potrebbero correre da soli. E dopo che Sala è stato contestato due giorni fa anche da ministri Pd e dall'eurodeputato dem Pierfrancesco Majorino (che gli farebbe volentieri le scarpe, anche se prova a negare) sulla disparità di stipendio necessaria tra i dipendenti pubblici («sbagliato che a parità di ruolo guadagnino gli stessi soldi a Milano e a Reggio Calabria, il costo della vita è diverso»), l'esponente di Milano Progressista Mirko Mazzali gli ha dato su Facebook un consiglio non richiesto: «Se io fossi in Sala, farei la lista del sindaco e me ne fregherei di tutto il resto. Chi vuole stare in coalizione ci stia, gli altri vadano pure da un'altra parte. Poi si vede come finisce». Il fuoco amico però non ha concesso tregua nemmeno ieri. Contro l'uscita di Sala sulle gabbie salariali hanno sparato non solo l'arcivescovo di Reggio Calabria Giuseppe Fiorini Morosini ma anche il capogruppo di Italia Viva al Senato, Davide Faraone («ha detto uno sciocchezza»), il sindaco Pd di Reggio Calabria Giuseppe Falcomatà («non so se è stato il caldo o se ha bevuto all'ampolla dell'acqua di Pontida, la sua affermazione è offensiva non solo per Reggio Calabria ma per tutto il sud») e la segretaria della Cisl Annamaria Furlan. Su twitter lo ha avvertito: «É meglio che si concentri sui problemi della città, che sono tanti ed importanti, e lasci le questioni salariali dei lavoratori pubblici ai contratti di cui si occupano da sempre i sindacati nel nostro paese. Ciascuno faccia il proprio mestiere con senso di responsabilità».

E in difesa di Sala si schiera la deputata dem Lia Quartapelle, che ribatte alla Furlan: «Il tenore di vita dei dipendenti pubblici non è monopolio del sindacato. E il sindacato farebbe bene a tenere conto nella contrattazione che il costo della vita è diverso nelle diverse zone d'Italia. Non è giusto zittire Beppe Sala perché se ne preoccupa».

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