È un caso infinito, quello dell'islam milanese. Un caso che non si chiude mai. Non è che l'ultimo degli atti d'accusa la lettera con cui Maryan Ismail, dirigente e candidata, straccia la tessera del suo Pd. Il partito si è spaccato, i vertici renziani sono inerti, al volante della macchina democratica nella città più dinamica d'Italia c'è un pezzo di sinistra interna. Ed inutile lo sforzo dei «pompieri» (politici e non solo): impossibile minimizzare attribuendo tutto il problema agli sforzi polemici della «destra». La lite divampa dentro le «mura» del Pd, la lettera smaschera inadeguatezze e fallimenti del Pd ed è firmata da una donna del Pd, la stessa che in un'intervista al Giornale aveva smontato il piano moschee del Comune. Una «vecchia socialista» somala, come si definisce Ismail, da anni impegnata nelle battaglie per i diritti civili e la laicità dell'islam, sulla scorta di un vissuto doloroso, che ha visto il fratello ambasciatore vittima di un attentato qaidista in Somalia. «Sono mussulmana, laica e progressista - ha scritto ieri nella lettera indirizzata al leader Pd Matteo Renzi - Mi considero parte di un Islam numericamente maggioritario, purtroppo finanziariamente inesistente e dunque totalmente inascoltato». «Non siamo iconograficamente pittoreschi - ha spiegato - veli e barbe non sono nostri segni distintivi». Ma «non perdiamo occasione - ha aggiunto - per urlare la nostra contrarietà alla visione ortodossa di un Islam dove politica e religione sono profondamente intrecciate, identificabile in quel wahabismo della Fratellanza Islamica promosso da varie sigle nazionali e territoriali come Ucoii e la milanese Caim».
Accuse pesanti, che il centrodestra ha enfatizzato anche ieri. «L'addio di Maryan Ismail al Pd e le sue parole aprono uno scenario cupo in Comune» ha detto Matteo Forte, consigliere eletto con «Milano Popolare», convinto che il sindaco Beppe Sala stia «scherzando col fuoco». Di «pesanti dubbi e forti preoccupazioni sul Pd milanese» parla il coordinatore milanese di Ncd Alessandro Colucci. «Le accuse di Ismail - ha dichiarato la consigliera comunale azzurra Silvia Sardone - confermano la scelta estremista del Pd che a parole esprime vicinanza al mondo moderato musulmano ma poi nei fatti, per logiche elettorali, porta avanti rappresentanti e idee legate all'Islam più radicale e a quell'area sempre piuttosto ambigua nel contrasto al fondamentalismo islamico». Preoccupato anche Luca Squeri, coordinatore provinciale azzurro: «Il Pd si riscopre vicino all'Islam radicale e incapace di prendere nettamente le distanze dal fondamentalismo». «Emerge che Milano è stata ed è governata da un manipolo di irresponsabili» accusa il leghista Max Bastoni, mentre Fdi con Riccardo De Corato parla di una «vergogna per sindaco e Pd». E il Pd deve rispondere. L'ex assessore Stefano Boeri sta dalla parte di Maryan. L'altra musulmana, Sumaya Abdel Qader, ha risposto così: «È la sua libera possibilità di dichiarare ciò che vuole. Continuo a rispettarla e le darò una mano qualora volesse parlare come me».
Il segretario milanese Pietro Bussolati un po' prova a ricucire e un po' liquida Ismail: si rammarica della sua scelta, la ringrazia «per il grande impegno». Le chiede di «ripensare la sua decisione» e si rende disponibile «ad un confronto sulla laicità». «Lacrime di coccodrillo» chiude Manfredi Palmeri della lista Parisi.AlGia
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