Sokolov torna in Società: Haydn e Schubert

Il grande pianista russo in concerto con pagine musicali tra Settecento e Ottocento

Sokolov torna in Società: Haydn e Schubert

Torna il russo Grigory Sokolov, tra gli amanti del pianoforte considerato uno dei massimi interpreti di oggi, un artista ammirato per la sua introspezione visionaria, la sua ipnotica spontaneità e la sua devozione senza compromessi alla musica. Dalle ore 21 di questa sera il maestro suonerà al Conservatorio «Giuseppe Verdi» di Milano. Ogni anno propone un programma diverso che decide secondo scadenze ampiamente note ai suoi tanti ammiratori. Per questa stagione (e quinti per il recital attuale nell'ambito delle proposte dalla Società dei Concerti) la scelta è caduta su Haydn e Schubert. Nello specifico, del primo compositore il «Divertimento in sol minore op.53 n.4», la «Sonata n.47 in si min op.14», e la «Sonata n.49 in do diesis min. op.30 n.2»; chiudono i «Quattro Improvvisi D.935 (op.142) del genio viennese. Due note sul virtuoso della tastiera, classe 1950, nato a Leningrado (ora San Pietroburgo), quarant'anni di carriera e moltissime collaborazioni con orchestre di mezzo pianeta.

Nonostante i suoi tour mondiali, soprattutto negli anni Settanta - ma spesso lontano dai fari dei media internazionali - il fenomeno Sokolov ha cominciato a prendere piede fuori dall'ex Unione Sovietica alla fine degli anni Ottanta, si potrebbe dire dopo la caduta del muro di Berlino, quando comincia a essere più conosciuto anche nei più importanti festival europei. Un musicista con un repertorio ampio, storicamente parlando, che viaggia dal Settecento francese di Rameau all'Ottocento/Novecento russo di Skrijabin, passando per i romantici tedeschi ed Amadeus. E altri mondi ancora.

Ripercorrere la sua carriera significa «girare» un film su come gli enfant prodige venivano (e vengono valorizzati) a Est del Pianeta: per dirne una, a soli 12 anni ha tenuto il suo primo concerto importante e a 16 ricevuto la sua prima medaglia d'oro, ovvero il Primo premio al Concorso Internazionale Cajkovskij di Mosca. Già allora, testimoniano i resoconti critici, si capiva la sua indole di «concertista dal vivo». Al contrario di tanti suoi colleghi non soffre le situazioni in prima linea, anzi dà il meglio di sé davanti al pubblico. E a proposito ha espresso a chiare lettere la sua opinione: «Dei dischi non mi fido. Non danno la possibilità di valutare veramente un'esecuzione come le esibizioni dal vivo».

Non a caso

il grande maestro pur avendo inciso un buon numero di lavori, non fa della sala discografica la «sua» prima casa. Il palcoscenico resta la sua dimensione prediletta. E anche oggi, c'è da giurarci, lo dimostrerà ampiamente.

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