«Sono diventato amico di Camilleri. E non potete immaginare il piacere quando mi ha detto, con la magnifica voce cavernosa, ancora più profonda e confidenziale, quasi confessasse un delitto, che racconta le mie storielle e le spaccia per sue. Il furto più lusinghiero del mondo», dice Moni Ovadia, al Carcano, durante la presentazione dello spettacolo in cartellone dal 25 gennaio al 5 febbraio. Si parla di Andrea Camilleri perché «Il casellante», prodotto dal Carcano, è tratto dall'omonimo romanzo del creatore di Montalbano. Ovadia («non mi risparmio, faccio sei ruoli, anche se non sono un Fregoli»), diretto da Giuseppe Dipasquale, calca la scena con Valeria Contadino, Mario Incudine, Sergio Seminara, Giampaolo Romania. La storia si svolge nella Sicilia del 1942, pochi mesi prima dello sbarco americano e dell'Armistizio di Cassibile, del settembre 1943. Casellante è colui che governa i passaggi a livello delle ferrovie, una sorta di «guardiano del faro terrestre», lo definì Camilleri. Ovadia è il casellante sostituto Michele, oltre che il narratore dell'intera vicenda, e altre figure come un fascista, il giudice, il barbiere, la mammana donna Ciccina. Minica, moglie del primo casellante (Mario Incudine), è Valeria Contadino, che sarà stuprata e perderà il bambino che aspettava. Una storia forte, vicenda tragica e piccola dentro la quale si riflette la grande Storia che avrebbe cambiato il volto all'Italia. «Noi ne abbiamo fatto uno spettacolo anomalo», dice il regista Dipasquale. «Ogni riduzione teatrale, come ogni traduzione, è un tradimento. Io che ho messo in scena altri lavori di Camilleri, ho trattato questo come una sorta di melologo». «Non ci sono vere canzoni», aggiunge Incudine. «C'è la musica del siciliano di Camilleri, che più precisamente è la lingua di Vigata, anche se Vigata è un'invenzione. Ci sono serenate, musica da barberia, come si usava in Sicilia. Nell'isola le botteghe dei barbieri erano un riassunto dei teatri, dove venivano cantate le arie d'opera e le romanze. Noi canteremo le canzoni fasciste, trasformate in valzer e mazurke, sberleffo che porterà il casellante in galera». Non diciamo troppo della trama: il libro, edito da Sellerio nel 2009, e facilmente trovabile. Diciamo che viene promesso un finale a sorpresa.
Ovadia, innamorato della Sicilia e della «lingua d'amore di Camilleri», si scusa in anticipo con chi gli farà le pulci per la pronuncia e altre sottigliezze. Ma ci tiene a far sapere che alla sua età è felice, e che Camilleri non è estraneo a questo sentire.AB
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