Cronaca locale

"Spero che a fine emergenza anche l'Opera cambi tono"

Il direttore dei progetti speciali del Teatro di Como fiduciosa sul futuro: "Ma serviranno nuovi format"

"Spero che a fine emergenza anche l'Opera cambi tono"

Settimane fa, è stato varato un decreto legge a sostegno della cultura e spettacolo, languente per effetto del Conavid-19. Sul piatto, 130 milioni. Una boccata d'ossigeno, ma che dovrà essere accompagnata da nuove strategie per avviare la ricostruzione sulle macerie che giornalmente si accumulano. Nulla sarà come prima. E questo varrà anche per teatri ed enti concertistici. Ne abbiamo parlato con Barbara Minghetti, milanese, per 16 anni sovrintendente del teatro di Como del quale continua a curare progetti speciali, è poi direttore artistico del festival di Macerata e di Verdi/Parma Off. S'è inventata format puntualmente replicati tant'erano vincenti. Si va dai concerti partecipati dalla cittadianza a Opera Domani: gli spettacoli a misura di bimbi, oggi fu lei a introdurli per prima.

Da lombarda concreta, sta pensando alla rinascita?

«Anche al presente. In queste settimane abbiamo lanciato Opera Domani Home, una forma di didattica musicale on demand. Entriamo nelle case portando l'opera in modo quotidiano, e meno complesso. È una piattaforma che, grazie a tutorial, consente ai bambini di imparare arie d'opera e a fare oggetti di scena, ad apprendere gesti e coreografie. Dopo questa infarinatura, sono così pronti per ascoltare al meglio un'opera lirica».

Come si sente di fronte a una Lombardia così ferita?

«Ho avvertito un forte moto d'orgoglio quando venivamo rappresentati come gli untori della nazione. Mi prendevano in giro - Come fa una lombarda lavoratrice a stare in casa? Dicevano. Sì, sono lombarda, e per questo reagirò. Siamo seri, lavoratori, sono sicura che ce la faremo».

Che cosa già scricchiolava nel mondo dell'opera e non potrà essere sostenibile nella fase post-Covid-19?

«Dovrà cambiare il modo di lavorare. La mobilità frenetica per esempio. Mi sono ritrovata a prendere l'aereo per appuntamenti di due ore a Parigi. Questo non è più ammissibile».

Cosa andrà implementato?

«I progetti legati alla comunità. I flashmob di questi giorni dimostrano che la gente vuole emozionarsi, cantare e far musica assieme. Vanno bene le stagioni d'opera, non tocchiamole, però accompagnate da altro».

Ad esempio?

«L'atto artistico in sé basta, ma va contornato. Devono esserci cose che si mischiano, orari diversi, gente diversa».

In sintesi: più fluidità?

«Sì, bisogna sporcarsi le mani, far vivere certe esperienze, offrire più momenti di condivisione, anche un semplice tè con gli artisti. Ci sono forme più miste, vi sono luoghi per far spettacolo diversi dai canonici».

I teatri si bstanno facendo sentire con eventi in streaming. Che eredità lascerà tutto questo?

«Le iniziative telematiche che ora sostituiscono quelle dal vivo rimarranno approfondimenti a distanza, ma non diminuirà di certo la voglia di venire a teatro ed emozionarsi. Abbiamo resistito ad attacchi terroristici, la gente anche in quella fase buia è sempre venuta a teatro».

Proiettiamoci nel giorno zero. Quando tutto sarà finito...

«Premesso che oggi è difficile capire quando torneremo alla normalità, dico: noi siamo già pronti. Il giorno in cui si stabilità la riapertura dei teatri, non ci saremo. Il teatro è la casa di tutti e noi manager ne siamo i responsabili.

Non dimentichiamo che amministriamo i soldi investiti dalla comunità».

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