Via della Spiga, una pista porta a Est

L'indagine dei carabinieri del nucleo investigativo parte da una certezza e tanti dubbi. «I banditi hanno detto una manciata di parole e si sono espressi in italiano, ma erano sicuramente stranieri, con fisionomie tipiche dell'Est Europa» hanno dichiarato i testimoni più diretti della rapina alla boutique «Franck Muller» di via della Spiga martedì mattina. Tre versioni uguali, descrizioni che combaciano, sensazioni identiche. Sono quelle del commesso libico 58enne e dell'italiano di 39 anni, addetto alla sicurezza, finito in ospedale per un colpo di spranga sferratogli alla milza da uno dei malviventi. Ma anche il responsabile del negozio - che quei rapinatori li ha inseguiti rischiando di essere investito da una delle tre bombe molotov che loro hanno lanciato durante la fuga - e altri testimoni in strada sostengono che la banda era straniera.
A radiografare il più a fondo possibile il commando di sei uomini vestiti di nero che martedì mattina hanno messo a segno un colpo da oltre 800mila euro nel cuore pedonale del Quadrilatero svaligiando i preziosi cronografi contenuti in dieci delle undici teche di «Franck Muller» ci hanno pensato ieri pomeriggio durante un incontro congiunto i carabinieri e gli investigatori della squadra mobile. La polizia, infatti, si occupa della rapina considerata «prova generale» in scala ridotta di quella di martedì. Il 15 febbraio (era un venerdì) infatti, 5 uomini vestiti di nero avevano assalito la stessa orologeria di via della Spiga 19, impadronendosi di qualche cronografo per un bottino di qualche centinaio di migliaia di euro. I banditi, anche allora armati di mazze, avevano mandato in avanscoperta un complice elegantemente vestito. L'uomo aveva suonato all'ingresso principale dell'orologeria, facendosi aprire senza problemi, proprio com'è accaduto l'altroieri. Quindi, in un'azione violentissima e particolarmente veloce, avevano distrutto in pochi minuti le vetrine del negozio. E dopo la razzia erano scappati, ferendo lievemente un turista che si trovava nella boutique e lanciando una molotov per garantirsi un certo vantaggio.
Gli investigatori, nel meeting di ieri, hanno incrociato informazioni e conclusioni. Trovando molti, troppi punti in comune per concludere che i due colpi siano scollegati o, tanto meno, opera di bande estranee l'una all'altra.
Ma da dove vengono e dove sono finiti questi rapinatori, riusciti a dileguarsi in pochi attimi e nello spazio ristretto e centralissimo di qualche centinaio di metri tra via Spiga, via Manzoni e via dei Giardini? I carabinieri non escludono che potrebbero costituire un nucleo riorganizzato nei paesi dell'Est di una banda di rapinatori internazionale sgominata dagli stessi militari milanesi sei anni fa.

Pendolari del crimine organizzati come militari che, nei 65 colpi messi a segno tra il 2004 e il 2006, annoverano anche la rapina a Tiffany, in via della Spiga (12 marzo 2004) e quella, di un mese dopo, alla gioielleria Verga di via Mazzini.

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