Stop ai capannoni-moschea: "Adesso chiudiamoli tutti"

Il Tar apre la strada agli interventi contro i luoghi di culto abusivi. Il centrodestra: "Milano si adegui"

Stop ai capannoni-moschea: "Adesso chiudiamoli tutti"

Un capannone costruito per uso commerciale, industriale o artigianale non può essere utilizzato come «luogo di culto», dove entrano centinaia di persone in occasione di «feste religiose» con un rilevante impatto urbanistico. Lo scrive il Tar della Lombardia nella sentenza con cui ha confermato il provvedimento del Comune di Cantù, nel Comasco, che nel giugno 2017 ordinava all'associazione culturale «Assalam» di smettere di servirsi di un immobile di via Milano, da anni al centro di polemiche, come luogo di preghiera anche in occasione del Ramadan.

I giudici della seconda sezione del Tribunale amministrativo (presidente del collegio Silvana Bini) nel respingere nel merito il ricorso dell'associazione contro l'ordinanza comunale spiegano che «il rilevante numero di persone che entra nell'immobile, in occasione delle feste religiose» rappresenta un utilizzo «dei locali che, per la sua incidenza urbanistica ed edilizia, necessita del previo rilascio di un permesso di costruire» specifico. Per i giudici, la tesi dell'associazione, che sosteneva che «non essendo vietata espressamente la destinazione a luogo di culto è implicitamente autorizzata, non può essere accolta». Il Tar, infine, dichiara che il Comune «una volta accertato il mutamento d'uso in assenza del permesso di costruire, ha correttamente applicato il regime sanzionatorio previsto» per le opere realizzate abusivamente, «ingiungendo la rimozione o la demolizione».

Il sottosegretario all'Interno Nicola Molteni (Lega) parla di «vittoria storica», esprimendo «enorme soddisfazione per la sentenza del Tar della Lombardia che dà ragione al Comune di Cantù. Finalmente sono state ripristinate la legge e la legalità». Soddisfazione anche da parte dell'assessore regionale al Territorio Pietro Foroni, per il quale il verdetto «conferma la legittimità e la portata della nostra legge regionale sui luoghi di culto. Una importantissima pronuncia, la cui portata non potrà essere sottovalutata da tutti gli amministratori comunali alle prese con situazioni similari e che non potranno più fare finta di nulla». L'assessore regionale alla Sicurezza Riccardo De Corato auspica che anche a Milano «vengano immediatamente chiusi tutti gli edifici diventati abusivamente moschee». L'ex vicesindaco ricorda che pure in città qualche mese fa era successo qualcosa di simile con la moschea abusiva in via Faà di Bruno. «Ma nonostante prima l'amministrazione e poi il Tar avessero ordinato lo smantellamento del luogo di culto abusivo entro il 22 giugno, le preghiere sono proseguite. Questa però non è l'unica presente a Milano. Ce ne sono molte, ormai conosciute da tutti e tutte abusive. Si trovano in via Padova, via Maderna, via Gonin e via Quaranta».

Infine il deputato del Carroccio Paolo Grimoldi: «Una sentenza che fa giurisprudenza e fa da apripista. A Milano e in tutta la Lombardia ci sono decine e decine di moschee abusive. Finalmente possiamo iniziare a chiuderle tutte, cominciando da quelle milanesi».

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