Su «La donna senz’ombra» non cala mai il sipario

Su «La donna senz’ombra» non cala mai il sipario

La donna senz'ombra, opera di Richard Strauss su libretto di Hugo von Hofmannsthal, debuttava nel 1919, a pochi mesi dalla fine del primo conflitto mondiale, in un'Europa a pezzi: nell'Austria vinta, dunque privata di gran parte dei suoi territori. Esordiva a Vienna, da poco capitale di una Repubblica e non più dell'Impero asburgico. Proprio in questa Vienna, Strauss e Hofmannsthal andavano in scena con un'opera favolistica centrata su imperatori, imperatrici, su vicende rilette attraverso le lenti della psicanalisi, in un clima surreale e spiccatamente freudiano.
«La Donna senz'ombra» (fino al 27 marzo) è alla Scala, teatro dove la si è vista solo tre volte, le ultime due nell'allestimento di Ponnelle. Ora torna con una produzione nuova di zecca, frutto della collaborazione con il Covent Garden di Londra: ma la prima assoluta è milanese. La firma Claus Guth, regista di Francoforte (1964), l'autore del futuro Lohengrin di Wagner, atteso per il prossimo 7 dicembre. Sul podio, Marc Albrecht, in sostituzione dell'annunciato Semyon Bychkov (che secondo la versione ufficiale, ha subito un intervento chirurgico). La Donna/IMperatrice è Emily Magee, l'Imperatore sarà Johan Botha, Michaela Schuster incarna la Nutrice, Falk Struckmann dà voce a Barak Elena Pankratova sarà la Tintora.
Ovviamente riflettori puntati su Guth che confessa di avere il batticuore quando si aggira per la platea scaligera: mai sperimentata prima d'ora. Cosa riserverà? La temuta regia alla tedesca, anticonvenzionale e provocatoria? Per come ne ha parlato, non parrebbe. Al centro dell'opera c'è l'Imperatrice: un po' essere animale, umano e spirituale secondo l'antropomorfismo che sigla questa sorta di fiaba dove capiterà che pure i cantanti indossino maschere per camuffare il loro essere semi-umano. Del resto, l'imperatrice nasce gazzella, poi sarà una donna ma senz'ombra, appunto: gliela procurerà la nutrice, sorta di Mefistofele femmina. Lo spettacolo, dice Guth, riflette un sogno filtrato dagli occhi dell'Imperatrice. Che è la donna senz'ombra dove per «ombra» si intende «ciò che lega l'uomo alla terra, gli dà peso, lo vincola, è il senso di responsabilità. Ed è quest'ultimo il vero tema dell'intera opera». Un sogno lungo, che neppure il sipario del Piermarini vuole interrompere: rimarrà infatti sempre aperto, così «si crea più spazio per raccontare la storia», ancora Guth.
Si narrerà anche ricorrendo alla proiezione di immagini, talvolta pure in anticipo sulla musica. Metà palcoscenico si mostrerà uguale dall'inizio alla fine dello spettacolo, mentre il resto muterà continuamente. Guth tiene a precisare che non ha voluto una ricostruzione fedele dell'ambiente descritto nel libretto, dove si parla di isole nel lontano Oriente del Sud. E neppure ha tentato attualizzazioni. «Attraverso colori e forme ci soffermiamo sulla psicologia dei personaggi», spiega.


E' un'opera intrigante ma non facile «La Donna senz'ombra», centenaria ormai, eppure ancora non completamente metabolizzata. C'è chi ancora la teme e vi rinuncia, basta dare un occhio ai troppi i biglietti a disposizione. Meriterebbe anche solo per le promesse della regia. Speriamo mantenute.

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