«Malpensa non sarà mai l'aeroporto intercontinentale del Nord Italia. E allora apriamo un nuovo hub a Montichiari. La Valle padana ne ha assoluto bisogno». La proposta potrebbe suonare come una butade, tanto per dire. Se non provenisse dalla bocca di Bernardo Caprotti, patron di Esselunga. Lui, 88 anni e un'indiscussa capacità imprenditoriale, non parla tanto per provocare. Ma ha in mente un progetto per fondare l'aeroporto del Nord che produce. Con sede a Brescia.
Nella sua casella della posta sono già arrivate decine di lettere di imprenditori che appoggiano il progetto e che, se mai la questione dovesse prendere piede, sarebbero anche disposti a investire. Lui non si è ancora sbilanciato su una partecipazione personale che, comunque, non è esclusa.
Oggi Montichiari è uno scalo «fantasma»: zero passeggeri, un traffico fatto solo di voli postali e cargo, una gestione che in dieci anni ha perso oltre 40 milioni di euro. Ma ha anche tremila metri di pista e una superficie di 44 chilometri quadri. «In un'area del genere - fa notare Caprotti a sostegno della sua teoria - ci potrebbero stare aeroporti come il Jfk o Heathrow o lo Charles de Gaulle».
Per dirla in gergo leghista, il nuovo hub Montichiari si troverebbe proprio nell'epicentro della marcoregione del nord e servirebbe sia la Lombardia sia il Veneto: un po' lontano da Milano, è vero, ma non farebbe discriminazioni tra le due regioni «Io sono un ubicazionista - ha spiegato in più occasioni il signor Esselunga - e per una buona ubicazione occorrono un pezzo di terra, il posto giusto, il bacino d'utenza e la destinazione d'uso. Montichiari ha tutte queste caratteristiche».
Già, ma vallo a dire a tutti quelli che da anni si battono per non far morire Malpensa e per fare in modo che mantenga le rotte. A detta dell'associazione Aeroporti lombardi, un gruppo di appassionati di aeronautica, il progetto di sciur Caprotti è «fuori da ogni ragionevole possibilità concreta». A elencare i motivi per cui non sarebbe possibile, nemmeno tra vent'anni, far decollare lo scalo bresciano, è Roger Zanesco, a nome di tutti gli associati del gruppo. Innanzitutto, spiega, bisognerebbe unire Montichiari all'aeroporto militare di Ghedi.
«Inoltre - aggiunge Zanesco - un aeroporto adibito a traffico passeggeri e merci ha bisogno di essere nella prossimità di una città che faccia da polo di riferimento». Caprotti sostiene che Brescia sia perfetta, poiché la definisce «la prima città industriale non della Lombardia ma probabilmente dell'Italia».
Punto numero due per smontare l'idea: «Manca una compagnia aerea a cui far riferimento - spiega l'associazione Aeroporti lombardi - una compagnia che porti le rotte internazionali sul nuovo scalo. Senza quella si va poco lontano». E l'esperienza di Malpensa dovrebbe insegnare qualcosa: prima il de-hubbing di Alitalia, poi l'abbandono di Air France e quello di Lufthansa. Prima di investire cifre, sicuramente enormi, bisognerebbe essere sicuri del «patto» con una compagna aerea. Gli ambientalisti hanno contestato il rischio per l'aria e per l'abbattimento di aree verdi. Ma, chi è a favore dell'hub bresciano fa notare che l'area è già pronta e disboscata, quindi non ci sarebbero grossi interventi da fare.
I soldi: «Da qui a 15-20 anni - sostiene Caprotti - ci saranno». Inoltre Montichiari si trova in una posizione strategica: «È al centro della Valle Padana e c'è un piano Tav che prevede il passaggio del treno ad alta velocità». E se avesse ragione lui?
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