Tar affonda il progetto Cerba. E le aree torneranno agricole

Sembra tramontare il sogno di un centro di ricerca accanto allo Ieo. Ora il pallino è in mano a Luxottica

Tar affonda il progetto Cerba. E le aree torneranno agricole

Se non è una pietra tombale, poco ci manca. Il progetto del Cerba, il sogno di portare accanto allo Ieo di via Ripamonti un nuovo grande polo di ricerca e di cura oncologica e cardiologica, va a sbattere ieri contro la sentenza del Tar della Lombardia che sembra segnarne definitivamente l'infausto destino. La decisione della giunta Pisapia che nel 2012 aveva deciso di dire addio al progetto - disegnato, peraltro, dall'ex assessore alla Cultura Stefano Boeri - era stata impugnata dai proprietari dell'area e dalla Fondazione Cerba, l'ente creato - con la presenza di molti nomi della Milano che conta - per portare avanti l'idea. Ma il Tar ieri respinge il ricorso e dà ragione a Palazzo Marino. Cerba addio. E le aree torneranno agricole.

Ad accidentare il percorso dell'intero progetto aveva dato un primo, robusto contributo il fallimento del gruppo Ligresti che attraverso la Imco possedeva i terreni e che, d'intesa con la Fondazione, aveva ottenuto nel 2009 dalla giunta di allora, guidata da Letizia Moratti, il cambio di destinazione d'uso. Ma nonostante il crac dell'Ingegnere di Paternò, l'operazione sarebbe potuta andare avanti: a chiederlo erano stati dapprima i curatori fallimentari della Imco e poi la Visconti Immobiliare, la società costituita dalle banche creditrici di Ligresti che aveva incamerato l'area. Certo, il progetto avrebbe subito modifiche e ridimensionamenti perché i soldi sul tappeto sarebbero diminuiti. Ma l'obiettivo principale, cioè dotare Milano di una nuova eccellenza sanitaria (Cerba sta per Centro di ricerca biomedica avanzata) sembrava ancora praticabile.

Imco e Visconti avevano chiesto tempo, il Comune per un po' era sembrato disposto a ragionare. Ma davanti alla mancanza di un nuovo, dettagliato piano aveva, nel marzo del 2012, fatto scattare le diffide che avviavano l'iter per l'annullamento dell'intera operazione.

Proprietari ed ex proprietari avevano presentato ricorso al Tar, sostenendo l'illegittimità della marcia indietro di Palazzo Marino e chiedendo la «declaratoria dell'ingiustificato ed illecito recesso del Comune di Milano dalle trattative in corso e dall'accordo di programma del 2009», quello che aveva mutato la destinazione delle aree. Ma per il Tar ha ragione il Comune che «non ha revocato l'accordo, limitandosi a prendere atto dell'indisponibilità dei soggetti attuatori (Imco e Visconti, ndr) ad eseguirlo alle condizioni vigenti e manifestando la sua volontà di non accogliere le proposte di modifica».

Nel frattempo, un'altra novità è intervenuta: la Visconti ha ceduto tutte le aree alla Fondazione Del

Vecchio, creata dal patron di Luxottica con l'obiettivo dichiarato di portare avanti l'idea. Sarà quindi Del Vecchio a decidere se presentare ricorso al Consiglio di Stato, ultima chance prima di archiviare per sempre il Cerba.

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