Milano torna da alzare la voce contro il governo. Nel mirino il decreto Bray, approvato ieri dal Parlamento, che non ha tenuto conto delle peculiarità della Scala e del Piccolo Teatro. «La Scala ha ancora una volta il bilancio in pareggio: è un grandissimo segnale della capacità non solo culturale ma anche economica del teatro. Ed è del tutto evidente che se non ci saranno cambi in parte del decreto legge sulla cultura si ribalterà in negativo una situazione che ora è positiva» l'attacco del sindaco.
A inizio mese Giuliano Pisapia e il governatore della Lombardia Roberto Maroni avevano anche scritto una lettera al premier Enrico Letta per invitarlo a tenere conto della peculiarità delle istituzioni milanesi, eccellenze internazionali. Il Piccolo, infatti, è stato inserito tra le Fondazioni dei Teatri stabili nella lista degli enti soggetti ai tagli previsti dalla spending review. Si auspicava che una correzione potesse arrivare nel dl cultura, ma così non è stato. Per la Scala, invece, si contesta il progetto di cambiamento della struttura, come previsto per le Fondazioni liriche (formazione dei cda e partecipazione dei soci privati) e la nomina del sovrintendente in capo al ministero dei Beni culturali. Le modifiche auspicate non sono rientrate nel decreto, ma è stato approvato un ordine del giorno, presentato dai deputati lombardi del Pd, in cui si chiede al governo di riconoscere la «peculiarità delle due istituzioni culturali milanesi garantendo forme originali di governance da sviluppare di concerto con il Comune di Milano per le due istituzioni in modo da renderli perfettamente operativi per affrontare la più grande sfida internazionale che attende il Paese».
Buone notizie invece arrivano per la musica: il decreto Bray cancella la burocrazia attualmente necessaria per concerti organizzati in sale con capienza inferiore alle duecento persone e con orario di fine entro le 24.
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