Cronaca locale

Timi: che bella la mia Casa di bambola

L'attore protagonista dell'opera di Ibsen rivisitato da Ruth Shammah

Antonio BozzoScherza, Filippo Timi: «Metteremo degli specchi sulle poltrone, così se non viene nessuno almeno noi capiremo che cosa abbiamo recitato». Andrée Ruth Shammah lo fulmina con un'affettuosa occhiata, ma sta al gioco: «Specchi? Ma se abbiamo già il tutto esaurito». Lacerti della conferenza stampa di ieri, forma minore di spettacolo che precede («sono 43 anni che ne faccio», sbuffa la regina del Franco Parenti) le rappresentazioni più importanti. E «Una casa di bambola» lo è. Shammah, che la dirige, ha rovesciato come un guanto il testo di Henrik Ibsen, che dal debutto del 1879 a Stoccolma è una sorta di manifesto della riduzione borghese di una donna, appunto, a bambola. Ma il guanto rovesciato da Shammah mostra la verità delle cose, che già negli anni Trenta lo «scrutatore di anime» Groddeck aveva individuato. «Nora, la protagonista, è tutto meno che una vittima. Le bambole sono gli uomini, che lei governa con fili invisibili. Lo dico da donna, senza problemi: Nora è bugiarda fin dall'inizio. Inventa, con l'adrenalina del vivere eccitato, e fa ciò che vuole dei tre uomini che le ruotano intorno, a partire dal marito Torvald, fino al ricattatore Krogstad e al dottor Rank che ne sogna i favori». Tre uomini che il genio di Shammah, unito a un pizzico di leggera follia, racchiude in un unico principio maschile: Filippo Timi, molto dimagrito, teneramente affascinante e bravo (pur con i lievi inceppi di parola del fuori scena) come al solito. «Dei tunnel invisibili», dice Timi, «mi fanno passare da un personaggio all'altro. Entro in scena da innamorato, come secondo Stanislavski dovrebbe fare un attore. E ballo la tarantella che mi ordina Nora: ora mi basta sentire un tamburello perché i piedi partano».Tutti conquistati da Ibsen, non solo Timi, ma anche Marina Rocco (Nora). «Mi auguro», commenta l'attrice, che Shammah volle per «Ondine» e «Gli innamorati» di Goldoni, «di aver capito di più, a fine spettacolo. Il ruolo è un grande regalo di Andrée e una grande fatica». La fatica, il lavoro intenso condotto sulle traduzioni (e tradizioni) del testo da Shammah e squadra, sta dietro a uno spettacolo di cui la regista rivendica la struttura di messinscena con tutti i crismi. «Il pubblico sarà ancora capace di seguire una storia come questa? È un giallo, con una trama complicata. Dentro c'è il testo di Ibsen, con aggiunte da altre sue opere. Mi sono stufata di quelli che prendono i testi e li tagliano a loro piacimento, magari per nascondere difficoltà produttive. Questo spettacolo, nato in collaborazione con il toscano Teatro della Pergola, che non finisco di ringraziare, è un grande impegno, spero che il pubblico capirà». In scena, anche Mariella Valentini (Linde), che torna in questa sala dopo un Calderòn de la Barca di trent'anni fa. Poi Andrea Soffiantini (la bambinaia), Marco De Bella, Angelica Gavinelli, Elena Orsini, Paola Senatore.

«Una casa di bambola» (con l'articolo, come voleva Ibsen), in tre atti, va in scena dal 28 gennaio al 24 febbraio.

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