Travolto in auto, presi i pirati moldavi

Un po’ di fortuna, che in ogni caso non guasta mai, e nel giro di tre giorni gli investigatori della squadra mobile diretta da Alessandro Giuliano, sono riusciti ad acchiappare tre balordi moldavi che, a bordo di un’auto, hanno speronato un’utilitaria uccidendo un ragazzo di 22 anni. Uno di loro nella fuga aveva infatti perso il cellulare, consentendo agli investigatori di ricostruire le sue frequentazioni e individuare lui e i suoi due complici in due appartamenti a largo Tel Aviv e via Prinetti, due passi dal luogo dell’incidente.
In largo Tel Aviv in particolare finisce via Derna, risalita contromano all’alba di domenica da una Mercedes Classe E. La vettura incrocia una volante, ma gli agenti non fanno in tempo ad accendere la sirena che, fatti pochi metri, dove via Derna diventa Mondovì e incrocia via La Salle, c’è l’impatto. Da viale Palmanova infatti sta arrivando una Renault Clio. Al volante Alberto Lo Bosco, barista, a fianco Davide Guerrino, cameriere, entrambi di 29 anni e residenti in via Paruta, dietro Francesco D’Addato, panettiere, 22 anni, abitante in via Trasimeno 22/10. L’impatto è terribile. L’utilitaria va in testa coda e sbatte contro sette auto posteggiate. Un agente si ferma per chiamare il 118 e prestare i primi soccorsi. L’altro si getta all’inseguimento dei tre occupanti la Mercedes che, anche se ammaccati, sono scesi e fuggono a piedi, attraversando via Padova zigzagando tra le auto in corsa. Nel frattempo i tre ragazzi vengono soccorsi: D’Addato muore poco dopo in ospedale, Guerrino viene ricoverato in prognosi riservata (e lo è tuttora). Gravi, ma non mortali, le ferite di Lo Bosco.
I primi controlli permettono di accertare come la Mercedes sia stata rubata in un box di Vimercate il 16 ottobre. La scientifica rovescia la macchina come un calzino e rileva tutte le impronte digitali. Altri agenti si mettono a battere la zona in cerca... di un colpo di fortuna. E lo trovano sotto forma di un telefono cellulare. Gli investigatori lo aprono, rilevano tutti i numeri contatti, li intercettano e nel giro di 48 ore hanno il quadro della situazione. I balordi appartengono a un gruppo di una decina di moldavi sistemati in due appartamenti. Le intercettazioni consentono di restringere il cerchio attorno a tre giovanissimi clandestini, M.C., 17 anni, N.G., 18, e S.P. 19.
Dopo tre giorni di indagini senza dormire, gli investigatori della «omicidi», diretti da Salvatore Anania, hanno sentore che qualcuno possa fuggire. Mercoledì sera irrompono nei due alloggi, portano tutti in questura per poi fermare gli indiziati. I tre ammettono di essere stati nella vettura ma non sanno indicare chi fosse alla guida: «Un tizio che non conosciamo».

Di un paio però gli investigatori hanno rilevato le impronte nella vettura che, collegate al tono delle conversazioni intercettate, consentono di individuare il diciassettenne come l’autista. Per lui l’accusa più grave: omicidio volontario per dolo eventuale. Gli altri due se la «cavano» con «ricettazione e omissione di soccorso».

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