Cronaca locale

«Truffa mascherine? È solo l'inizio»

Il capo della Squadra Mobile: «Business appetibile: dalla Dda l'invito a vigilare»

Paola Fucilieri

«La stragrande maggioranza è di provenienza cinese. E da marzo i commissariati Centro e Lorenteggio, insieme all'Ufficio prevenzione generale e soccorso pubblico, ne hanno sequestrate 28mila pezzi. Ma siamo solo all'inizio. E a meno che non arrivi un vaccino in tempi brevi, credo si tratti di un fenomeno - di cui alla squadra mobile monitoriamo gli sviluppi e gli ambiti investigativi - con il quale ci dovremo confrontare a lungo. La domanda è alta e l'offerta s'ingegna di conseguenza».

Parliamo di presidi sanitari e in particolare di mascherine con Marco Calì, 50 anni, dirigente della squadra mobile di Milano dall'ottobre scorso. Il ministro dell'Interno Luciana Lamorgese, attraverso note inviate alla Dda (Direzione distrettuale antimafia), alle prefetture e al Dipartimento di pubblica sicurezza arrivate quindi anche alle questure, già nelle scorse settimane ha invitato, tra l'altro, a un'attenzione particolare anche sul business che inevitabilmente si sta sviluppando intorno ai presidi sanitari, molti dei quali - privi dei marchi CE e quindi, non testati - potrebbero rivelarsi inefficaci e perciò dannosi.

«Quello che è accaduto, il contagio, determina e determinerà una produzione gigantesca di mascherine il cui circuito economico diventerà inevitabilmente molto appetibile a tutti i livelli - spiega Calì -. Oltre a siti fasulli, creati ad hoc e alle truffe online che portano a rifornimenti ordinari magari con scambi di pacchi in strada, come quello intercettato alcuni giorni fa dal personale del commissariato Centro (un carico di 20mila mascherine chirurgiche prive di certificazione, pronte per essere smerciate, interrompendone la compravendita da parte di italiani che le avrebbero poi rivendute nel loro ambito lavorativo), si passerà e proiezioni più articolate che possono essere quelle di gruppi criminali strutturati».

«Per ora non c'è una vera e propria tipologia di chi si occupa di questi traffici: c'è chi si mette a vendere mascherine, senza averne titolarità, a prezzi almeno triplicati, con ricarichi straordinari e che per questo può incorrere in sanzioni di tipo amministrativo. Diverso invece il caso dei presidi sanitari privi di bolli Ce: si tratta di vere e proprie frodi in commercio, reati di tipo penale».

In particolare l'attenzione delle forze dell'ordine si concentra sulle mascherine chirurgiche che, per la loro caratteristica finalità protettiva limitata, ben si prestano purtroppo alla riduzione delle fasi di controllo per ottenere in fretta l'autorizzazione alla messa in commercio e che, prive del marchio Cee, oltre alla normativa d'importazione, violando quella sanitaria.

«Sui prezzi, poi, chi le vende per strada una volta sorpreso tende a minimizzare raccontandoci storie che però non stanno in piedi, del tipo l'ho comprata a 0.50 centesimi e la vendo a 0.90 - conclude il dirigente della Mobile -.

Chi rischia maggiormente non è però solo chi smercia questi presidi ben sapendoli privi di marchio CE, ma chi quel marchio ce lo mette creandolo dal nulla, non solo senza averne la titolarità, ma anche ben consapevole della sua inefficacia».

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