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«Uber è in regola, vogliamo aiutare la gente a muoversi»

La numero uno della multinazionale Usa, Benedetta Arese Lucini: «Noi complementari ai taxi, non alternativi»

«Uber è in regola,  vogliamo aiutare la gente a muoversi»

Benedetta Arese Lucini, 30 anni, milanese, laurea alla Bocconi, generale manager Italia di Uber, multinazionale da 12 miliardi di dollari. Qual è il segreto del suo successo?
«Ho fatto carriera all'estero! Ho lavorato a New York, nella Silicon Valley, in Asia...da quattro anni mi occupo di start up. Ho preso un MBA alla NYU Stern School of Business con specializzazione in “Business of Technology, Media and Entertainment” e mi sono trasferita nella Silicon Valley per conoscere il mondo delle start up».
Il suo primo lavoro?
«Investment Banking alla Morgan Stanley di Londra, un paio d'anni prima della crisi!!»
Uber ormai è diffuso in 120 città di tutto il mondo, come è stato accolto a Milano rispetto alle altre città?
«C'è stata un po' di resistenza. In molto Paesi siamo entrati in un mercato di monopoli e abbiamo iniziato a creare più scelta per gli utenti, ma abbiamo toccato degli interessi...e si sono scatenate le reazioni che abbiamo visto. In Europa direi le proteste hanno fatto più rumore e gli scioperi sono stati più evidenti. In Italia, inoltre, Uber è arrivato molto dopo rispetto ad altri paesi, dove il mercato della mobilità alternativa era già variegato».
Però anche a Londra, dove oltre ai taxi esistono i mini cab le proteste ci sono state...
«Sì a Londra esistono 10 o 15 app di noleggio con conducente, le proteste sono state più strutturate. Negli altri Paesi c'è stata più attenzione a creare regole inclusive per tutti. Noi non ci vediamo come competitor dei taxi, ma come complementari...A New York per esempio i taxi sono su Uber...»
Questa sarebbe la soluzione a ogni problema in Italia!
«Il sindaco Bloomberg ha fatto un bando per le app per taxi, abbiamo vinto in due e l'amministrazione ha costretto i taxi a scegliere la piattaforma. Il nostro obiettivo è far sì che la gente lasci l'auto privata a casa, riducendo traffico e parcheggi. Questo è il vero cambiamento, non la concorrenza ai taxi».
Il Ministro dei Trasporti Maurizio Lupi ha dichiarato Uber pop illegale...
«Il ministro ha parlato dell'apertura di un tavolo tecnico per discutere della legge, ma ci sono decreti che incoraggiano l'uso condiviso dell'auto».
Sì ma il grande discrimine è il compenso, come ha sottolineato il ministro. Non può esserci compenso che superi il semplice rimborso spese
«Sì ma le nostra tariffa è calcolata sui rimborsi chilometrici dell'Aci, noi abbiamo solo convertito il costo in minuti perché il mercato è abituato a ragionare per tariffe orarie. Togliete la parcella di Uber ed ecco il rimborso spese. Noi ci reputiamo legali. Comunque stiamo preparando le osservazioni al documento in cinque punti del Comune. Cominceremo da quello. Ci sarà una discussione tra tutti gli operatori per creare una legge che definisca i paletti di questi servizi».
Il sindaco Pisapia ha diffidato i milanesi dal utilizzare Uber pop, che oltre a essere illegale, non li garantisce...
«Non è vero, noi facciamo controlli sui nostri autisti: verifichiamo patente, casellario giudiziario, lo stato del veicolo e assicurazione. Questo è quello che facciamo da soli, ma siamo disposti a farci suggerire dal governo ulteriori controlli. Noi siamo responsabili del servizio. Per la reputazione di Uber non faremmo partire una nuova attività se sapessimo che non c'è sicurezza: i percorsi sono tracciati, esiste un sistema di recensione immediata e possediamo i dati di clienti e autisti, che all'occorrenza possiamo fornire alle autorità».
Siete stati danneggiati da questo clima di “caccia alle streghe” che si è creato in città con le proteste dei tassisti?
«No, anzi abbiamo avuto pubblicità e tanta solidarietà da parte degli utenti e degli autisti con cui collaboriamo».


Crede che la spunterete con il governo?
«Spero che ci saremo per Expo. Gli otto milioni di stranieri previsti si aspettano di trovare un app che già conoscono. Ora cercheremo di allargarci anche in città più piccole, che ci stanno aspettando, dove possiamo aiutare i cittadini a muoversi».

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