Mentre a Roma si discute su come mettere una pezza al putiferio scatenato da Uber, a Londra la battaglia contro la società americana prosegue. Altro che Ubertaxi già partita come annunciato: secondo i black cab soltanto uno di loro ha usato l'applicazione. Ed è stato subito messo all'indice.
John Kennedy in questo caso non è il compianto presidente americano, ma uno dei tassisti londinesi più attivi a Londra. Guida uno dei mitici black cab, i taxi neri diventati simbolo della metropoli britannica. E oggi è uno di quelli che si confronta con l'aggressività imprenditoriale di Uber. La società americana infatti ha già lanciato Uber Taxi a Londra, come ha annunciato di voler fare anche a Milano, e i guidatori di auto nere non l'hanno presa bene. Non sembra nemmeno che la apprezzino più dei loro colleghi milanesi. «Per quanto ne so - racconta John - soltanto un taxi su 22mila ha aderito a UberTaxi». Ed è stato subito segnalato dai colleghi che si erano scaricati l'applicazione al centro delle critiche. Anche nel Regno Unito però le istituzioni hanno qualche problema di reattività: «Stiamo aspettando - specifica John - che le autorità che rilasciano le licenze intervengano contro Uber e che anche il tribunale si decida sul problema». E comunque i tassisti non sono rimasti con le mani in mano: «Intanto stiamo sviluppando una nostra app - spiega John - noi non siamo spaventati dalla concorrenza, Uber qui deve rispettare le regole, sebbene
». E per ricordarglielo i black cab non molleranno l'osso tanto facilmente: «Ci sono altre dimostrazioni in programma - annuncia John - questa è la nostra versione di tecnologia destabilizzante». Il riferimento, in puro stile da humor britannico, è proprio a Uber che si definisce una tecnologia destabilizzante. «Le nostre dimostrazioni saranno questo tipo di tecnologia, ma in maniera più diretta».
La guerra è solo all'inizio dunque, mentre Uber continua la sua espansione forte del concetto che non è necessario espletare prima le pratiche per ottenere tutte le autorizzazioni: prima ci si crea la clientela, poi la si usa per forzare la mano alle istituzioni.
Quanto lo sbarco di Uber abbia mandato in paranoia il settore dei taxi lo si capisce dalla reazione di alcuni rappresentanti del settore. Mike Coleman, responsabile di London Black Taxis, ha addirittura rifiutato l'intervista per il timore che fosse un trucco della società americana. Inutile il tentativo di dimostrare, documenti personali alla mano, di non essere delle spie di Uber. nenache un video è servito a convincere Coleman. Nel dubbio, ha preferito evitare.
Reazione assolutamente legittima in ogni caso, ma da un certo punto di vista è sconcertante: questo è un segnale di come si possa mandare in ansia un'intera categoria, anche se composta da britannici, popolo noto per avere un forte autocontrollo. Non sui taxi pare.
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