Ucciso a pugni per una carezza al cane

Arrestato un italiano incensurato di 22 anni. Ha massacrato di botte un clochard che si era avvicinato al suo dogo

Intervento dei carabinieri
Intervento dei carabinieri

Quel povero romeno pieno di lividi e con la testa sanguinante, rinvenuto sul ciglio di via Ferrari a Cusano Milanino nella notte tra il 12 e il 13 ottobre scorsi, era ridotto così male che, in un primo tempo, i carabinieri della stazione locale poi anche i colleghi di Sesto San Giovanni hanno pensato a un pirata della strada. Lo straniero morì infatti solo due giorni dopo a Niguarda senza mai aver ripreso conoscenza. Tuttavia i risultati dell'autopsia uniti alla tenacia degli investigatori, tre mesi dopo, hanno rivelato uno scenario molto differente da quello dell'incidente stradale senza colpevole, una vicenda decisamente molto più inquietante: Ioan Popa, 52 anni, molto conosciuto a Cusano perché viveva ospite di amici qua e là da diversi anni e campava con dei lavoretti occasionali, è stato letteralmente ammazzato di botte. Il suo assassino è il 22enne Rocco Rendina, un ragazzo milanese incensurato che abita con la famiglia ad Affori e che adesso si trova in carcere a Monza con l'accusa di omicidio volontario. Quel che inorridisce e spaventa è che ragione per cui ha massacrato a morte il romeno è stata una carezza. Sì. Popa quella sera era ubriaco, ma dopo aver parcheggiato la sua bicicletta, probabilmente al solo scopo di scambiare qualche parola, si era avvicinato al gruppetto di amici di Rendina - 3 ragazzi e 4 ragazze tutti italiani, tra i 17 e i 22 anni - riunitisi, dopo la chiusura, a chiacchierare e a fumare davanti al pub «Blue Ship» di Cusano. Il romeno voleva fare un complimento e toccare il cane tenuto al guinzaglio da quello che, in pochi fatali attimi, si è trasformato subito dopo nel suo omicida. «È una razza aggressiva - ha detto Popa rivolgendosi ai ragazzi e indicando il cane -. Lo so perché mio zio, in Romania, aveva un allevamento». Non si sa invece cosa abbia innescato la furia di Rocco Rendina. Che a quel punto si è messo a menar le mani e i piedi contro il romeno, fino a ridurlo a una maschera di sangue, privo di sensi, con ferite alla testa, in particolare una molto profonda alla nuca.

Così l'ha trovato, abbandonato a se stesso, il proprietario del locale. Un 40enne italiano giunto sul posto intorno alle 2.40, mezz'ora dopo aver chiuso il locale, per recuperare una bottiglia che voleva consumarsi a casa. È lui che ha lanciato l'allarme. Contemporaneamente i ragazzi - fuggiti insieme all'aggressore talmente impressionato dalla sua stessa violenza da mettersi a vomitare per strada - si erano riuniti in una piazzetta di Cormano, per concordare una versione unica da riferire agli inquirenti e coprire l'amico nel caso qualcuno, prima a o poi, fosse risalito alla loro presenza sul posto. «Agghiacciante il fatto che nessuno di questi giovani abbia chiamato, anche in forma anonima, il 118 per segnalare il ferimento» commentano amareggiati da tanta indifferenza gli investigatori di Sesto.

Dopo che l'autopsia ha evidenziato che Popa non poteva essere rimasto vittima di un investimento altrimenti avrebbe avuto lesioni su tutto il corpo e non solo sulla testa, i carabinieri, anche grazie alle celle delle utenze telefoniche presenti quella sera sul luogo del ferimento, sono risaliti al gruppetto di ragazzi, scontrandosi con un ostinato muro di omertà durato oltre 3 mesi: i giovani hanno continuato a sostenere di non aver visto il romeno e non hanno mai accennato al cane. Tuttavia le versioni dei fatti sono crollate poco a poco tra piccole ma significative divergenze, spiragli nei quali i militari hanno fatto breccia.

A cedere è stata una ragazza che, convocata per l'ennesima volta in caserma, ha capito che non c'era più nulla da fare e ha confessato l'accaduto. La sua posizione e quella dei suoi amici e al vaglio della magistratura.

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