Sembra essersi chiusa definitivamente la travagliata vicenda riguardante l'istituto omnicomprensivo di Basiglio e alcuni fatti che vi accaddero quasi cinque anni fa. Il processo d'appello, chiesto dalle parti civili (ora condannate a pagare le spese processuali) e tenutosi lo scorso 28 ottobre presso la quarta sezione penale del tribunale ordinario, ha riconfermato infatti tutte le sentenze di primo grado. I cinque imputati - quella che era allora la preside dell'istituto, l'assistente sociale, due insegnanti e uno psicologo - erano già stati tutti assolti il 21 luglio 2011 perché «il fatto non sussiste». Ora in aula è stata rigettata anche la provvisionale di 120mila euro richiesta sempre dai legali della famiglia dei due ragazzi, fratello e sorella, coinvolti nella vicenda.
La vicenda risale al febbraio 2008. Quando, a causa di un disegno osé attribuito a una bimba di 9 anni, la piccola e il fratello maggiore vennero allontanati dai genitori per oltre due mesi. Il disegno raffigurava due bambini, un maschio e una femmina, in atteggiamenti molto equivoci e una scritta che alludeva al fatto che la piccola facesse giochi erotici con il fratello 13enne. Alcuni giorni dopo si venne a scoprire che il disegno non era opera della bimba (che, com'è emerso dall'inchiesta, pure aveva fatto un disegno e poi lo aveva distrutto e buttato, ndr) bensì di una sua compagna di classe. Che, però, avrebbe preso foglio e pennarello solamente dopo aver ascoltato il racconto dettagliato della sua amichetta.
Seguì un can can mediatico fuori dall'ordinario, dichiarazioni gridate, il coinvolgimento inspiegabile addirittura di membri della giunta comunale di Basiglio. E tutta l'attenzione venne spostata solo ed esclusivamente sui disegni come causa dell'allontanamento dei figli dai genitori. Un castello di sabbia per coprire il vero problema: il racconto della bambina che era e restava, a tutti gli effetti, l'unico fatto oggettivo e il più preoccupante.
Tra coloro la cui vita all'epoca venne maggiormente sconvolta dalla vicenda c'è sicuramente Federica Micali, ex assistente sociale, ora 32enne. La donna, in seguito a quella brutta storia, dovette ricominciare una nuova vita a circa 500 chilometri da Milano, in provincia di Roma, precisamente nella zona dei Castelli. Difesa dall'avvocato Lucia Lucentini, molto sostenuta dal compagno e da tutta la famiglia la Micali era stata accusata perché, dopo la segnalazione dei disegni, insieme allo psicologo della scuola, al solo scopo di chiarire la vicenda e salvaguardare i due fratelli, richiese l'intervento del Tribunale dei minori che, a sua volta, dispose l'allontanamento temporaneo dei bambini dalla famiglia. A quel punto contro la donna, lo psicologo, le insegnanti e la preside dell'istituto di Basiglio si scatenò il finimondo. I genitori dei ragazzini vennero difesi da buona parte della cittadina, si formò anche un comitato che mise in campo cortei, fiaccolate e proteste.
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