Università con pochi laureati «Più fondi e integrazione Ue»

L'Italia investe l'1% del Pil contro l'1,4% della media Ue Oliva (Treellle): serve uno scambio di docenti con l'Europa

Sabrina Cottone

Si parla di difesa europea e politiche comuni dell'immigrazione, ma anche su un tema cruciale come università e ricerca. L'appuntamento è oggi dalle 15 all'Auditorium Testori di Palazzo Lombardia, alla presentazione del Quaderno TreeLLLe «Dopo la riforma: università italiana, università europea?». Provocazione che parte dall'arretratezza degli investimenti italiani rispetto alla media Ue, una delle ragioni dell'arretratezza competitiva del Paese. «Servono congrue risorse aggiuntive» chiede Attilio Oliva, presidente di Treellle. E spiega: «Il costo della non Europa rischia di essere elevatissimo, vista la competizione internazionale sempre più severa». E così, «nei trattati Ue sarebbe proficuo che l'università diventasse materia concorrente, per creare mobilità tra studenti, docenti e equipollenza tra i titoli».

Venendo ai dati della ricerca (su fonte Oecd 2016), l'Università italiana non regge il confronto con l'Europa. La spesa per l'istruzione universitaria in percentuale sul Pil, nel 2015, è dell'1%, in confronto a una media Ue dell'1,4%. L'Italia spende meno di larga parte dei Paesi europei (Spagna inclusa), per non dire del paragone con Inghilterra (1,2), Francia (1,3, Paesi Bassi(1,3), i Paesi del Nord come Svezia (1,5) e Danimarca. Ci sono poi i casi come Stati Uniti (2,6) e Giappone (2), dove agli investimenti pubblici si sommano molto elevati investimenti privati.

A colpire in Italia è anche la scarsa percentuale di giovani laureati sulla popolazione (i dati sono sempre 2015). Siamo al 24,8% contro il 39,8 della media Ue. Molto tristi i dati che riguardano la competenza alfabetica funzionale della popolazione tra i 16 e i 65 anni (dati OCSE-PIAAC 2012), ovvero la capacità di capire e usare informazioni in testi stampati nelle attività quotidiane, sul lavoro e nella vita sociale, come anche far di conto o leggere un orario ferroviario. Bene, in Italia solo un 30 per cento della popolazione ha un adeguato livello di «competenze alfabetico- funzionali», dato tra i peggiori d'Europa, contro una media del 51% degli altri Paesi. E il 28% si trova a livelli del tutto insufficienti.

Ma perché gli iscritti all'università e i laureati sono così pochi? Secondo Oliva, ci sono varie ipotesi: «Uno. Perché la qualità dei servizi e della didattica non è sufficientemente attraente. Due. Perché il sistema è sottofinanziato. Tre. Perché troppa parte della nostra popolazione non considera redditizio l'investimento nella formazione». E lo scarso investimento in istruzione universitaria? «Mentre gli investimenti per il sistema scolastico sono adeguati, ciò non accade per l'università.

C'è bisogno che il governo e l'opinione pubblica, dopo i tagli del 2008, ridiano fiducia al sistema con congrue risorse aggiuntive, fermo restando che le università diano corpo alle buone regole del gioco definite dalla riforma universitaria del 2010».

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