Cronaca locale

Utero in affitto, assolti due genitori

Il giudice la sintetizza con poche parole che sembrano una resa: «Il diritto ha le spalle al muro». Assolta, così, una coppia accusata di alterazione di stato per aver aver ottenuto la trascrizione in Italia dell'atto di nascita di un bimbo avuto in India attraverso una «maternità surrogata». Insomma, per il giudice c'è poco da fare. L'«avanzamento della tecnologia» rende la «definizione» di «maternità» ormai «controversa», e il diritto di famiglia «è stato investito dalla dissociazione tra il dato naturale della procreazione e la contrattualizzazione delle forme di procreazione».
Cosa è accaduto? Che i due genitori, entrambi milanesi (lui 48 anni e lei «paziente oncologica» di 54 anni e sterile per le cure a cui si era sottoposta), nel dicembre del 2011 sono andati in India per procedere a fecondazione eterologa «con materiale genetico donato» dall'uomo «e donazione anonima dell'ovocita». In questo caso di cosiddetto utero in affitto sono intervenute due donne anonime: una ha fornito l'ovulo da fecondare e l'altra ha portato avanti la gravidanza. Il bimbo è nato il 2 gennaio del 2012. La coppia, assolta dall'accusa per cui erano stati portati a processo, sono stati condannati a un anno e 4 mesi (pena sospesa) soltanto per dichiarazioni mendaci alle autorità italiane, ossia per aver dichiarato che la donna era madre del bimbo. Bimbo che, dunque, resterà figlio loro, anche perché il Tribunale per i Minorenni ha bloccato la procedura di adottabilità già aperta.
I due imputati erano accusati di alterazione di stato per aver richiesto, nel gennaio 2012, «la trascrizione dell'atto di nascita formato» a Mumbai prima al Consolato generale d'Italia in India e poi all'ufficio di stato civile di Milano, «trascrizione effettuata il 27 febbraio 2012», facendo risultare la donna milanese come madre del bimbo «contrariamente al vero». Da quest'accusa i due sono stati assolti, mentre il pm chiedeva per loro una condanna a 1 anno e 8 mesi, perché gli imputati, «pur consapevoli, secondo l'ordinamento italiano, della contrarietà alla realtà materiale dello stato di filiazione “a latere matris”, hanno approfittato dello stato della “normazione” locale indiana che lasciava ampio spazio all'autonomia privata».

E così il diritto ha «le spalle al muro», nella «penosa scelta di tutelare il minore e di non privarlo dei suoi genitori tecnologici».

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