Spiegata alla maniera dell'assessore al Bilancio, Bruno Tabacci, si capisce perchè il sindaco abbia fatto calare il silenzio sul referendum per Sea. Vendere o quotare in Borsa era la domanda di partenza, perchè «valorizzare un'altro pezzo degli aeroporti ci serve per acquistare i nuovi treni della metropolitana». Ma ieri la giunta comunale - senza ombra di consultazione popolare - ha votato la quotazione del 25% di Sea e Tabacci ammette: «Non si vende per i treni, sono già nel piano finanziario». Bene. Allora Palazzo Marino punta a risanare i conti ed evitare nuove tasse, visto che il 2012 è stato l'anno della stangata Imu, Irpef, Tarsu, Area C. «Abbiamo approvato il riequilibrio di Bilancio e grazie alla gestione oculata degli ultimi mesi e all'operazione sui derivati, chiuderemmo il 2012 rispettando il Patto di stabilità anche senza vendere Serravalle e quotare Sea». Già, dopo una serie di prelievi diretti nelle tasche dei milanesi. La quotazione di Sea darà linfa alla società, e soprattutto spiega Tabacci «un contributo al Paese». Milano che torna a investire sul mercato, è un segnale di fiducia. Ma meglio evitare referendum in effetti,
Con la sinistra di traverso e Pdl e Lega pronte a dare battaglia in aula dove la delibera approderà lunedì, ieri la giunta Pisapia (assente l'assessore Stefano Boeri che ha lasciato la seduta qualche minuto prima) ha votato una doppia operazione. Vendita all'asta con la Provincia delle azioni Serravalle: il pacchetto (con i soci minori) sarà almeno del 70% ma potrebbe arrivare all'80% con le quote dei soci minori. Il Comune metterà il 18,6 e prevede un introito minimo di 130 milioni. Il prezzo a base di gara che verrà inserito nel bando è pari a 4,45 euro per azione e la vendita sarà aggiudicata all'offerta più elevate, in caso di pareggio si procederà al rilancio. Quotazione di Sea: poichè la Provincia non ha ancora sciolto le riserve sul proprio pacchetto (14,6%) di Sea, e avrà tempo fino al 10 ottobre quando l'assemblea approverà la struttura dell'offerta da inviare alla Consob, la giunta Pisapia ha immaginato i due scenari. Prima ipotesi: Palazzo isimbardi aderisce, in questo caso il 10,4% di azioni che servono a comporre il 25% viene raggiunto con aumento di capitale sociale, finalizzato all'emissione di nuove azioni. L'assetto post-quotazione? Il Comune avrebbe il 48,1%, F2i il 26 e i piccoli azionisti lo 0,8. In pratica Palazzo Marino si troverebbe a investire sul mercato una quota minima, circa l'1% (che corrisponde secondo alcune stime a 9 milioni di incasso). Seconda ipotesi: la Provincia evita la Borsa. Il Comune investe l'8,1% (80-90 milioni di incasso) e il restante 16,9 deriva da ricapitalizzazione. Il Comune scende al 38,1% ma si «sgonfiano» anche gli altri soci, la Provincia rimane con il all'11,9 e F2i al 24,28%. Palazzo Isimbardi si impegna a non vendere per 6 mesi, stesso accordo il Comune vorrebbe strappare a F2i. É in corso un'inchiesta per turbativa d'asta sul bando vinto dal fondo nel 2011. Tra i nomi coinvolti c'è il senior partner Mauro Maia, ieri ai piani alti di Palazzo Marino. «Senza pudore, il giorno in cui la giunta vota su Sea» commenta velenoso il presidente dell'aula Basilio Rizzo.
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