Milano non disobbedisce. Non può disapplicare una legge dello Stato e non lo farà, perché ha una responsabilità da Capitale e perché non è nelle sue corde.
I sindaci che guidano la rivolta anti-istituzionale al decreto sicurezza sono personaggi in cerca d'autore come Leoluca Orlando, precursore del giustizialismo italiano, o come il «Masaniello» Luigi De Magistris che a Napoli è già stato capace di contestare la cittadinanza onoraria al rabbino capo di Gerusalemme per concederla invece a Bilal Khayed, membro di un gruppo terrorista palestinese. La politica milanese no: è diversa. Milano ha una vocazione al pragmatismo e un'incrollabile cultura di governo. Condivisa dal centrodestra e dal centrosinistra, almeno quello che non rischia sbandate massimaliste. Milano ha una responsabilità che le deriva dall'essere ancora, e sempre più, capitale «morale» del Paese. Il modello di Milano non può essere Riace, nonostante la cittadinanza onoraria che la sinistra in Consiglio comunale ha deliberato di conferire al sindaco-simbolo dell'accoglienza Mimmo Lucano coinvolto in un'inchiesta per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina. Beppe Sala lo ha capito. Forse gli assessori no, ma il sindaco lo ha capito bene che Milano non può disobbedire a una legge vidimata dal Capo dello Stato. Può criticarla certo, può impugnarla, può esperire tutte le strade che la Costituzione mette a disposizione, ma non può salire sulle barricate di quella sinistra (populista). E non lo farà.
Anche per questo si è vista subito la divaricazione: da una parte l'assessore Pierfrancesco Majorino, che è sceso in pista «a valanga» contro il ministro Matteo Salvini, ritenendo che da simili battaglie passi la possibile resurrezione di una sinistra-sinistra; dall'altra appunto c'è Sala, che più cautamente ha scelto di procedere a slalom, imboccando sì la critica a Salvini ma evitando accuratamente di approvare la disobbedienza. D'altra parte i sindaci lombardi del Pd, proprio come hanno fatto Sala e il lecchese Virginio Brivio di Anci, con dichiarazioni fotocopia hanno scelto la linea del dialogo, anche perché conoscono gli umori dell'elettorato, molto poco propenso ad allargare ancora le maglie dell'accoglienza.
E nel centrodestra, oltre alla scontata convinzione dei leghisti e di Forza Italia, si segnala il favorevole realismo di primi cittadini civici come il sondriese Marco Scaramellini, che con misura e saggezza commenta così: «I sindaci devono dare un messaggio di rispetto delle leggi. Il decreto va nella direzione giusta, poi valuteremo le ricadute». Lezioni di pragmatismo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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