Paola Fucilieri
C'è un mondo sotterraneo e segreto che si muove senza sosta e incurante di quanto accade in superficie, per portare il più in fretta possibile i milanesi nel futuro dei trasporti. Visti da vicino gli operai e i tecnici che lavorano in galleria - sopra e intorno alla talpa - alla realizzazione della linea 4 del metrò, la blu, non sembrano quei circa centocinquanta professionisti specializzati e ricercatissimi, spalmati su rigorosi turni nonstop, a tutti gli effetti artefici concreti del miracolo strutturale che, tra polemiche e ritardi, secondo le stime permetterà di trasportare 42mila passeggeri l'ora (86 milioni l'anno) sui 15 chilometri che separano la stazione «Forlanini» a est di Milano, passando per il centro, fino a tutta l'area ovest e al capolinea «San Cristoforo» e viceversa. Eppure proprio questi astronauti degli abissi terreni abiteranno lì fino al 2022, in locali creati appositamente per loro, per farli lavorare, mangiare e dormire accanto alla talpa che avanza grattando la terra 15 metri al giorno.
Ieri mattina, con scarponi, pettorine ed elmetti da cantiere, li siamo andati a conoscere, su una carrozza di servizio partita da sotto il campo base della linea 4 in via Alfonso Gatto - dov'è stata realizzata la stazione «Forlanini» - per raggiungere «Argonne» (la stazione che nascerà all'altezza della chiesa rossa dei Santi Nereo e Achilleo), quindi siamo scesi di almeno altri trenta metri nelle viscere per raggiungere «Tricolore» e assistere così alla fase di montaggio, attraverso un braccio meccanico, dell'ultimo anello prefabbricato che ha sancito la conclusione degli scavi delle gallerie sulla tratta est.
Poco prima di mezzogiorno Andrea, manovrando con dita agili una sorta di piccolo computer di bordo che tiene al collo come una fisarmonica, dà il via all'evento inaugurato per l'occasione dall'assessore comunale alle Infrastrutture Marco Granelli, che poco prima «taglia il nastro» pigiando i pulsanti della talpa. Il rumore che aziona la posa dell'anello e crea così il rivestimento strutturale definitivo della galleria «risucchiata» dalle pareti e così incollata per sempre alla scocca della struttura, è un sibilo fortissimo che non urta solo timpani avvezzi. Come quelli dell'ingegnere Guido Mannella, direttore del consorzio M4 che raccoglie la compagine di imprese coinvolte in tutta la realizzazione dell'opera, dalla posa della prima pietra all'interruttore che farà partire il primo treno.
Passa un quarto d'ora o poco più e, posato definitivamente l'anello, si brinda a prosecco e si mangiano pasticcini per festeggiare quella che giustamente viene considerata una tappa importantissima per questi lavori. Anche lì, sottoterra, aleggia però sempre lo stesso quesito che è poi quello di tutta la gente che vive lassù: ma i lavori finiranno in tempo?
«Abbiamo avuto solo qualche piccola battuta d'arresto - spiega Mannella allargando gli occhi come chi sa di affrontare un argomento insidiosissimo, ma gli tocca -. Il problema di queste opere consiste nel trovarsi in un tessuto urbano così densamente popolato e con un così grande impatto sul territorio , senza contare tutte interferenze con i sopra servizi (leggesi: commercianti e affini) e i sotto servizi. La costruzione di una stazione richiede circa 4 anni, ma non ne facciamo una per volta...
Insomma, il grande sforzo ingegneristico dipende anche dalle condizioni urbanistiche: non siamo su un territorio sconfinato e vergine dove scavare sottoterra significa scavare nel nulla».Sì, Milano non è Brasilia. Ma non è nemmeno Roma. E anche se il 2022 sembra lontano come una chimera, là sotto c'è chi pensa a noi.
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