Viaggio alla (ri)scoperta di Paolo Castaldi «Un dadaista musicale troppo scomodo»

Martedì concerto dei Sentieri Selvaggi. Galante: «Un grande anticipatore»

Luca Pavanel

«Dissacrante, lucidissimo e anticipatore delle istanze post-avanguardistiche». Basta dire Paolo Castaldi e la risposta, tra chi lo ha conosciuto da vicino, è questa. Peccato che nonostante il valore le sue opere - assai personali e sorprendenti - non siano state fatte conoscere abbastanza. Rimediano i Sentieri Selvaggi con una serata (martedì al teatro Elfo Puccini, ore 21), titolata «Caro Babbo-La logica degli opposti»: in programma «Clap», «Smile», «Idem», «Scale» e «Sunday Morning». Quest'ultimo spicca per eccentricità. «Un pezzo per flauto, pianoforte, percussioni e tre assistenti - spiegano i Sentieri - che aiuteranno i musicisti a suonare le centinaia di oggetti (tra cui macchine da scrivere, ferri da stiro, radio, foglie e pentole) richiesti per l'esecuzione dei pezzi». Per tentare di capire questo autore occorre partire dagli anni della sua formazione, in cui ha studiato direzione con Carlo Maria Giulini. La sua strada compositiva probabilmente la sceglie dopo l'esperienza di Darmstadt, all'inizio degli anni Sessanta, dove incontra tra gli altri Boulez, Stockhausen e Kagel.

«Se proviamo a individuare un personaggio al quale è stato, è affine - dice il compositore Carlo Galante, suo allievo al Conservatorio di Milano per circa sette anni - dobbiamo guardare all'ultimo dei tre»; chiaramente con un suo modo e suo pensiero che si traduceva «in un lavoro dal sapore surrealista e dadaista; scomponeva e ricomponeva in maniera molto innovativa materiali di derivazione storica». Un procedimento non soltanto musicale, ma anche arricchito da elementi teatrali e grafici. Un esempio davvero insolito può essere la sua «Fughetta editoriale», dove quattro voci recitano dei testi; a volte sono i nomi degli editori. E ancora, tra le sue invenzioni si rintraccia «Facsimile» per undici esecutori scritto per «strumentacci, oggetti e un mimo in disparte». Nelle sue partiture si notano parti pittoriche con l'illustrazione di paesaggi, castelli e altro all'interno delle note.

«Non era un reazionario - conclude Galante -. Anzi, è stato un grande anticipatore di linguaggi che sono fioriti dopo». Eppure in Patria negli anni di maggior produzione non ha avuto troppa fortuna. In un periodo in cui le avanguardie legate proprio a Darmstadt dettavano legge. E per chi componeva prendendo spunto agli autori del passato oppure prendeva strade «eterodosse» la vita diventava un po' più dura, diventava troppo scomodo.

Nel caso di Castaldi, che nel settembre scorso ha compiuto 86 anni, c'era l'«aggravante» della «forte personalità e cultura», un Maestro che certamente «nel rapporto intellettuale e dialettico non arretrava facilmente. Non le mandava a dire...».

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