«A quella gente non ho offerto nulla anche perché nulla potevo offrire. E poi mia figlia si presentava alle elezioni come l'anti-Minetti, come la faccia pulita della politica. Non averi mai potuto tradire la sua fiducia». Così ieri si è difeso davanti al pubblico ministero Giuseppe D'Amico l'ex consigliere comunale Vincenzo Giudice, indagato per corruzione aggravata dalla finalità mafiosa. Giudice è accusato di avere fatto arrivare a sua figlia Sara, candidata a Palazzo Marino nella lista di Manfredi Palmeri «Nuovo Polo per Milano», i voti forniti dallo 'ndranghetista Eugenio Costantino. Per concordare le modalità dell'appoggio elettorale, Vincenzo Giudice ricevette Costantino nel suo ufficio a Palazzo Marino. E la fotografia dell'emissario dei clan che bussa all'entrata del municipio, scatta dai carabinieri in quell'occasione, è diventata una delle immagini simbolo dell'inchiesta sui rapporti tra 'n'drangheta e politica a Milano. «Gli abbiamo dato 400 voti», dice Costantino in una intercettazione.
Ma ieri Giudice ha rivendicato la propria innocenza: « Chi mi accusa - ha affermato ieri, secondo quanto riferito dall'agenzia Ansa - è un millantatore. Nessuno mi ha mai chiesto nulla e io non ho chiesto o dato nulla ».
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